Uccelluzzi o cardellini?

 

 

Per noi che non sappiamo dare un nome a dieci stelle in cielo, un uccelletto vale un altro: fringuello, venturone, verzellino, fanello, ciuffolotto, lucherino, peppola, verdone, trombettiere, organetto, crociere o cardellino.

Ora noi qui vogliamo, pur senza sottovalutare altre domande sull'essere, la conoscenza e l'amore, porci questa fondamentale: che cos'è veramente un cardellino?

 

Il problema è risolto tautologicamente dai manuali di zoologia: si tratta di Carduelis carduelis, peso15 grammi, lunghezza 15 centimetri. Ama i cardi, di cui acrobaticamente si nutre, e che gli danno il nome. Anzi, come vedete, due. Che sarebbe errore grave considerare come un nome e un cognome. Innanzitutto, ma questa è la ragione meno importante, perché esistono dodici sottospecie di Carduelis carduelis (per esempio Carduelis carduelis parva, o Carduelis carduelis britannica e così via), ma soprattutto perché, come sicuramente immaginerete, non c'è cardellino che somigli a un altro. Per dire, un cardellino che muore, non è uguale a un cardellino che si è salvato. E quindi, conosciuto un cardellino, e denominatolo Antonio, lo si potrebbe chiamare Antonio Carduelis carduelis (e se fosse un cardellino inglese, Antony Carduelis carduelis britannica). Ma anche così ci sarebbero comunque molte famiglie con lo stesso cognome: combriccole andaluse, gruppetti provenzali, frotte tunisine, morre sorrentine... Senza contare che, naturalmente, c'è morra e morra. Insomma dire "cardellino" (o "goldfinch", "chardonneret", "stieglitz", "jilguero") è insoddisfacente almeno quanto annunciare, in un aeroporto: «il signor homo sapiens è desiderato al telefono». Comprenderete che non possiamo chiedere agli zoologi questo genere di distinzioni.

Essi ci possono invece dire che il cardellino è il capo di tutti i "carduelis", o, se preferite, il vero "carduelis". Perché di "carduelis" ce ne sono molti, molti altri. Dicono gli zoologi che, per esempio, Carduelis chloris (il verdone), Carduelis sernus (il fanello), Carduelis spinus (il lucherino), appartengono allo stesso "genere".

 

Tutti questi uccelli sono i principali rappresentanti italiani della "potente" famiglia dei fringillidi, che conta 83 generi e 289 specie (più di 500 forme diverse se si considerano anche le varietà). Il capo dei "capi-fringillidi" (e quindi anche dei cardellini, che sono soltanto" capo-carduelis") è naturalmente il fringuello (Fringilla coelebs), ma va subito aggiunto che nessuno tra questi uccelli potrebbe offendersi a sentirsi chiamare "passerotto", perché in realtà fringuelli, cardellini, e con loro moltissimi altri uccelli, sono comunque "passeriformi" il che vuol dire il più grande ordine di uccelli del mondo il cui prototipo, l'unico che possa fregiarsi del nome così impegnativo di "passer", è il gracile e urbanissimo passero (chi l'avrebbe detto?).

Sulla strada della distinzione gli zoologi ce l'hanno messa proprio tutta. È vero, le loro inestricabili tassonomie disseminano assonanze ingannatrici e trappole linguistiche; ma compongono anche una "poetica parallela dei nomi e delle coincidenze", rendendo giustizia a tutti quegli animali volanti e cantanti che si sentono di norma chiamare uccelletti e basta.

 

Oppure "uccelluzzi", come accade purtroppo al cardellino che se ne sta tra le dita della Madonna detta appunto "dell'uccelluzzo" nella tela di Salvo d'Antonio nella Cattedrale di Siracusa. Che questa genericità tassonomica abbia indebolito le proprietà taumaturgiche del quadro, a dire il vero, non risulta. E tuttavia, prendendo i panni del cardellino, non possiamo che sentirci traditi da questa fretta indifferente e ingrata che ci cancella senza appello da una storia.


Provate a essere, d'altra parte, Carlo Crivelli che sta lavorando con i suoi gialli leggendari a raffigurare questo suo bellissimo rigogolo:

Carlo Crivelli (c. 1430 - 1511), Polittico di San Domenico di Camerino, Madonna in trono col Bambino che stringe tra le mani un fringuello (1482), tempera su tavola, cm 190 x 78, Milano, Pinacoteca di Brera

 

Gustave Courbet (1819-1877), Ragazza coi gabbiani (1865), olio su tela, Parigi, Louvre

 

Albrecht Dürer (1471-1528), Madonna del lucherino (1506), olio su tavola, cm 91 x 76, Berlino, Staatliche Museen

 

 

Ebbene, non vi sentireste anche voi offesi dal fatto che il quadro si conosce oggi col titolo di Madonna in trono col Bambino che stringe tra le mani un fringuello?

E se foste la ragazza che posa per Gustave Courbet con un carniere di sterne in spalla,

non vi seccherebbe diventare la celebre Ragazza coi gabbiani? (Per non dire dell'irritazione delle sterne, morte così, inutilmente, senza nome).

 

Invece a noi qui interessa la circostanza opposta, e cioè che tra gli uccelletti e gli uccelluzzi delle tele, di un ben preciso personaggio si tratti, e cioè del cardellino. Il che vuol dire, per fare un esempio, che i lucherini non ci riguardano assolutamente, anche se possono esserci utili in negativo, per abituarci a cercare:

 

Quello che guarda con laica curiosità il sacro bambino standosene sul suo braccio nella misteriosa Madonna del lucherino di Albrecht Dürer, è, per l'appunto, un lucherino (Carduelis spinus). Esattamente un lucherino, infatti, esprime il giallo e il verde che si voleva.


Anche una quaglia, per dire, non ci interessa.

Però, a guardar bene la celebre "Madonna della quaglia" di Antonio Pisano (il Pisanello),

Antonio Pisano (Pisanello), (1395 ca.-1455 ca.), Madonna della quaglia (1420 ?), tempera su tavola, cm 50x33, Verona, Museo di Castelvecchio

 

si vede benissimo che due cardellini se ne stanno nella spalliera fiorita, e, come vedremo, non sono assolutamente lì per caso


Stabilita dunque la regola fondamentale del gioco (cardellini e basta) cominciamo ad avvertire l'inquietante presenza di Giacomo Desti, pittore cremasco della metà del Settecento, che, identificatosi completamente in uno specifico "uccelluzzo", lo raffigurava in ogni sua tela, decidendo infine di diventare uno di loro, e prendendone il nome, cioè appunto "il Cardellino", con il quale lo si conosce nella storia dell'arte.

Giacomo Desti (detto "il Cardellino) (Crema? seconda metà del Settecento), Dipinti della Galleria Tadini, [successivamente attribuiti ad Antonio Gianlisi il Giovane (Rizzolo San Giorgio di Cremona, 1667-1727)], Galleria Tadini, Lovere (Bergamo)

 

Rispettiamo, naturalmente, la scelta opposta. Non risulta, ad esempio, che abbia dipinto cardellini Francesco Cardillo, uno dei più fedeli seguaci di Polidoro da Caravaggio a Messina, nella stessa città della Madonna dell'uccelluzzo (metà del '500), né che lo abbiano fatto, più o meno negli stessi anni, i Cardillo di Aversa nella loro celebre bottega napoletana.


 

Carduelis carduelis picta

 

Quando la giostra di geni agitava il corpo e la mente di Homo neanderthalensis, i cardellini gli svolazzavano già intorno con la stessa curiosa traiettoria ondulata di ora. Allora come ora, il cardellino frequentava i cardi (Carduus) ma anche non meno di 152 specie di piante diverse ed era quindi adattato a impossibili posizioni lungo fusti sottilissimi come quelli del tarassaco, robusti come quelli del corbezzolo, spinosi come quelli dei cardi.

Noi non sappiamo quando possa essere nata l'idea di ritrarlo. Atto d'amore che genera conoscenza che genera amore. Ma la tentazione deve essere stata fin da subito forte, molto forte. Per via del giallo dello specchio delle ali, del nero del capo, del bianco del petto, e massimamente per quella misteriosa mascherina rossa sulla faccia.

 

Senza informare zoologi ed etologi, decidiamo qui e ora di denominare Carduelis carduelis picta questo nuovo essere vivente che ha perso, è vero, la terza dimensione, ma in compenso ha sviluppato la quarta, cioè il tempo, in modo assolutamente incredibile. Dal punto di vista evolutivo, noi riteniamo che la varietà si sia determinata in seguito alla notevole attitudine della specie a vivere a contatto con l'uomo e i suoi manufatti. In queste condizioni, si stabilizzano, nel genotipo, caratteri tipici della specie umana come la bellezza, l'allegria, la disperazione trasmessi, per lo più casualmente, in virtù della suaccennata condivisione delle nicchie ecologiche lungamente intervenuta tra Carduelis carduelis e Homo sapiens. Se si considera che il contatto tra Carduelis carduelis picta e le altre varietà può oggi avvenire quasi esclusivamente attraverso le finestre dei musei, rendendo estremamente improbabile il soddisfacimento dell'interfecondità, si perviene alla conclusione che la nuova varietà si trova nella situazione di isolamento che prelude alla nascita di una vera e propria specie. Non si può tuttavia escludere che i caratteri da noi individuati per la varietà vadano integrandosi con quelli già noti per la specie, perché continuando i cardellini a vivere nello stesso ambiente degli uomini, potrebbero, un giorno, decidere di dipingersi da soli.

Il becco del cardellino, quel becco a forma di cono quasi perfetto (che cresce a volte a dismisura e che gli allevatori-carcerieri, dicono i manuali, tagliavano periodicamente come unghie) è per Hieronymus Bosch una questione assolutamente seria.


Hieronymus Bosch (1450-1516), Il Giardino delle delizie (Trittico delle delizie terrene) (c. 1510), tempera su tavola, cm 220 x 97, Madrid, Museo del Prado

 

In effetti chi guarda il prodigioso affollamento del pannello centrale del Trittico delle delizie terrene, non dico il becco, ma nemmeno il cardellino riesce a vederlo. Inutile cercarlo nei campi aperti e nei fruttetti (che sono il suo ambiente naturale) perché il visionario pittore lo ha messo con la pancia nell'acqua di uno stagno verso cui premono uccelli esistenti e inventati, disposti in qualche ordine misterioso. E se non sapessimo che quegli uccelli sono simboli di altrettanti peccati ripresi dalla tradizione popolare di allora, verrebbe voglia di scorgere in quell'ordine di profili quasi una profezia darwiniana, un'anticipazione delle celebri tavole dei fringuelli delle Galapagos (nella storia della scienza i fringillidi hanno un posto speciale).

Tutta questa sovrabbondante popolazione animale esprime "la natura turbata dalle forze demoniache della procreazione", "il sonno dell'anima offuscata dal peccato". È un anatema religioso, dunque. Ma anche una tassonomia iperreale, ispirata dall'ossessione delle varianti formali dei viventi. Così da suggerire un altro salto di più di tre secoli in avanti, un altro nodo cruciale della biologia moderna, quello della morfologia trascendentale, e un altro nome, quello di Goethe.


Certo, è davvero curioso che cercando cardellini se ne possa addirittura trovare uno, in uno dei primi quadri dipinti da Joan Mirò, che sta leggendo Goethe.

Joan Mirò (1983-1983), Nord Sud (1917), olio su tela cm 62 x 70, Parigi, Galleria Maeght

Intanto, nello stagno di Bosch,

Hieronymus Bosch (1450-1516), Il Giardino delle delizie (Trittico delle delizie terrene) (1510 c.), tempera su tavola, cm 220 x 97, Madrid, Museo del Prado

 

l'esagerato becco di cardellino (la lascivia) regge per il picciolo una livida mora (la voluttà), troppo grande per la bocca della figura che per metà affonda nello stesso stagno, insidiata da un'altra. In groppa al cardellino uno si abbandona all'ignavia o alla disperazione, altri si affollano tra l'upupa, il merlo acquaiolo, il martin pescatore, il germano reale. Una coppia danza tra il brulicare di surreali galleggiamenti. Il cardellino porge il frutto peccaminoso con il suo becco meccanico.


E che sia un cardellino tentatore lo conferma un'altro celebre trittico del maestro:

Hieronymus Bosch (1450-1516), Trittico delle tentazioni, Le tentazioni di Sant'Antonio (1505-06), olio su tavola, cm 131,5 x 119, Lisbona, Museu nacional de Arte Antiga

 

 

Noi, però, concentriamoci sul rosso. Il rosso-cupo della mora, che è sicuramente il sangue, e il rosso vivo della testa del cardellino, che è ancora sangue ma, per così dire, di un altro, incomparabile gruppo...

 

Paliurus spina-Christi è un arbusto subsahariano diffuso in tutto il Mediterraneo meridionale e anche in Italia, dove entra a far parte, insieme con molte altre essenze che hanno fatto della spina la propria salvezza dall'aridità, dell'orizzonte più caldo dei forteti litorali e delle macchie intricate del retroterra. Con tutte quelle spine, del paliuro non si può fare niente di utile. Ma il paliuro è quello che ci vuole quando si deve fare una corona da tortura, da infliggere ai disperati e ai rivoluzionari di Galilea. E infatti una corona di spine tormentava le carni del Cristo sulla croce. Allora come ora, a frotte di dieci dodici individui, i cardellini perlustravano siepi, alberi isolati, cardi, e ogni altro legno verticale. Ed è così che, acrobaticamente becchettando la corona, si macchiarono la faccia del sangue divino.


Paliurus spina-Christi

Hieronymus Bosch (1450-1516), L'incoronazione di spine (1507-08), olio su tavola, cm 73 x 59, Londra, National Gallery

 

E questa è la terza ragione, dopo il colore e il becco, che ha fatto la straordinaria fortuna pittorica del cardellino.

Una presenza nei quadri, ma anche una vicinanza a Dio, del tutto sproporzionate ai suoi quindici grammi.


Al momento della creazione, ad esempio, una delle prime cose di cui assolutamente il pianeta ha bisogno è un cardellino. Ecco uno di questi cardellini che vive a Londra, al British Museum, dentro una bibbia istoriata francese del XIV secolo. Ed eccone un altro, che abita invece a Parigi, nel codice miniato delle Petites heures de Jean de Berry. Questi cardellini se ne stanno sempre molto vicino a Cristo... E uno di essi, a Praga, si prende, da solo, uno dei tre ulivi della Passione dipinta dal Maestro di Vyssi Brod (gli altri due sono per l'upupa e il fringuello).

Miniatore inglese, Dio crea gli animali (dalla Bibbia istoriata francese di Holkam Hall, Inghilterra, inizio XIV secolo), miniatura su pergamena, Londra, British Museum

 

Codice del XIV secolo, Petites heures de Jean de Berry, San Giovanni Battista nel deserto, fol. 208, mm 90 x 70, Paris, BNF, LAT 18014

 

Maestro Bertram (c. 1345 - 1415), Pannello dell'altare di Grabow (1379), tavola, cm 80 (h), Amburgo, Kunsthalle

 

Maestro di Vyssi Brod, Cristo sul Monte degli Ulivi (c. 1350), Praga, Galleria Nazionale

 

Tra la seconda metà del Quattrocento e la prima del Cinquecento, in tutta Europa, e soprattutto in Italia, migliaia di quadri saranno visitati da Carduelis carduelis. Un'esplosione demografica senza precedenti, che provoca una vera e propria radiazione evolutiva e che quindi ci costringe a una ridefinizione tassonomica.


Per orientarci nel non facile intreccio di varietà, guardiamo questi cardellini che svolazzano intorno ai Magi dipinti dal Sassetta:

Stefano di Giovanni (il Sassetta), Il viaggio dei Magi (c. 1435), tempera su tavola cm 31,1x38,3, Siena, Collezione Chigi-Saracini

 

o quello che assiste (alquanto indifferente) al martirio di San Sebastiano (nell'unico dipinto conosciuto del misterioso maestro parmense)...

 

Josaphat Araldi, San Sebastiano (primo quarto XVI secolo), Parma, Galleria Nazionale

... o anche questo, che accompagna San Giovanni (il cardellino, che non è così facile da vedere nei campi, spesso non lo è nemmeno nei quadri, nonostante i suoi colori vivaci).

Hans Burgkmair (1473-1531), San Giovanni a Patmos (1518), tavola di pino cm 153x125, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera

Tutti questi cardellini formano in effetti una sotto-varietà che si potrebbe definire, per la propensione territoriale, "selvatica". Avremo dunque Carduelis carduelis picta sylvestris (anche se, a dire il vero, questi cardellini sembrano già saperla lunga sulle umane vicende). Comunque, se ne stanno ai margini dei quadri, a sgranocchiare semi, soprattutto di miglio, e vogliono fare decorazione.

Vivono sì in ambienti pii Natività, Crocifissioni, Sacre Conversazioni, Annunciazioni ma sono appena arrivati dai campi, non sono cardellini "domestici".

Benozzo di Lese (Benozzo Gozzoli) (1421-1497), Sacra Conversazione (Madonna in trono col Bambino, angeli e santi) (1462), tempera su tavola, cm 161,9x170,2, Londra, National Gallery

 

Comunque, sono sempre in bella vista, come si conviene agli uccelli di spazi aperti. Ecco il cardellino di Bartolomeo Vivarini , tra gli zoccoli del cavallo di San Martino:

 

Bartolomeo Vivarini (c. 1430 - dopo il 1491), San Martino e il povero (1491) scomparto di polittico, tavola, Bergamo, Accademia Carrara

Si posano quasi sempre di profilo, in modo da mostrare il rosso, il giallo e il nero, non volano quasi mai (piuttosto svolazzano). Eccone due nell'Annunciazione di Vittore Carpaccio:

Vittore Carpaccio, (c. 1460/65 - 1525/26), Annunciazione (c. 1504), tela, Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro

 

Per Antonio da Crevalcore, come per Giacomo Desti, questo tipo di cardellino è una firma.

[ma spesso sono i fringuelli a far da protagonisti (Madonna con il Bambino, Milano, collezione G.M.M.)]

 

Antonio da Crevalcore, Madonna con il Bambino adorati da un angelo, Londra, collezione privata

Ma la verità è che se un cardellino va in un quadro non ci va per niente. Per quanto Carduelis carduelis picta sylvestris viva nei quadri praticamente da solo, non di rado in disperata solitudine, non ci va per fare numero o colore, e si intuisce che ha un presagio da cantare. Per sottolineare questa fondamentale inclinazione, che fa rientrare questi soggetti nel ceppo principale dei cardellini religiosi (Carduelis profetica, vedi oltre) li consideriamo una forma intermedia e li designamo con il nome di Carduelis intermedia (= Carduelis carduelis picta sylvestris pseudoprofetica).

Vediamone subito alcuni esempi.

Giovanni Bellini (c. 1431/36 - 1516), Madonna con il Bambino, il doge Agostino Barbarigo e i santi Marco e Agostino ("Pala Barbarigo") (1488), olio su tela, cm 200 x 320, Murano (Venezia), Chiesa di San Pietro Martire

 

Mariotto Albertinelli (1474-1515), Crocifissione, affresco, Firenze, Certosa del Galluzzo

 

Domenico Ghirlandaio, (1449-1494), Natività, tempera, Firenze, Santa Trinita

Vittore Carpaccio (c. 1460/65 - 1525/26), Madonna col Bambino, tempera, Washington, National Gallery of Art

 

Albrecht Dürer (1471-1528), San Gerolamo nel deserto, olio su tela, Cambridge, Fitzwilliam Museum

Jacopo del Sellaio (1442-1493), San Giovanni Battista (c. 1480), olio su tavola, cm 52 x 32,8, Washington, National Gallery of Art

Ma gradatamente, che sia per la via di Darwin o per quella di Lamarck, una nuova varietà (sotto-varietà) deve essersi evoluta tra i colori e i pennelli: canta sì i suoi presagi di morte, ma in modo meno cupo, prende confidenza con i personaggi, si addomestica senza perdere senso e missione.

Lo si vede bene in questa forma intermedia che vive a Parigi, in una tavola del veneziano Jacopo de' Barbari, dei primi anni del Cinquecento: la Vergine della fontana

Jacopo de' Barbari (1445-1515), Sacra conversazione ("Vergine della fontana") (primi anni del XVI secolo), olio su tavola, Parigi, Louvre

Ed è naturale che, a forza di posarsi intorno ai quadri, un po' alla volta i cardellini dipinti abbiano finito per avvicinarsi a un bambino, e naturalissimo che i due abbiano fatto amicizia.

Francesco Raibolini (Il Francia) (c. 1450-1517), L'Adorazione del Bambino con i Santi Giuseppe, Agostino e Francesco d'Assisi, olio su tavola, Bologna, Galleria Nazionale

Ebbene, ci prenderemo la responsabilità di chiamare questi cardellini con il nome Carduelis profetica (Carduelis carduelis picta profetica). Se ne stanno nei quadri delle Madonne rinascimentali, accanto al sacro bambino, tra le sue mani, o nelle immediate vicinanze. Giocano con lui, gli svolazzano intorno, lo guardano rispettosi o stupefatti, ma anche con sovrana indifferenza, tentano anche di scappare, ma se scappano si riposano lì vicino, su un rametto o su un albero.

Hans Baldung Grien (1484/85 - 1545), Sacra Famiglia in un paesaggio (Riposo nella Fuga in Egitto) (c.1511-12), olio su tavola, cm 47 x 37, Vienna, Gemäldegalerie Akademie der bildenden künste

 

In molti casi, a dire il vero, né il bambino né il cardellino sembrano divertirsi granché, anzi l'"uccelletto" è tenuto un po' di malagrazia. Accade ad esempio a uno dei numerosi cardellini della bottega dei Gaddi, precisamente di Taddeo, alla metà del Trecento...

 

Taddeo Gaddi (?-1336), Madonna col Bambino (c. 1355), tempera su tavola cm 55,5x85, Firenze, Le Rose, chiesa di San Lorenzo

 

[A proposito del "cardellinismo" di Taddeo Gaddi si può anche ricordare la Madonna in trono con Bambino e angeli musicanti, tempera su tavola, Firenze, Uffizi].


Ed ecco un cardellino senese di cent'anni più giovane, e un'altro che vive a Torino, alla Galleria Sabauda, quasi un cardellino-oggetto, dipinto da Giorgio Schiavone alla fine del Quattrocento...

Bernardino Fungai (1460-1516), La Madonna col Bambino, tempera su tavola, cm 64x43, Siena, Pinacoteca Nazionale

 

Giorgio Chiulinovic (Giorgio Schiavone) (c.1436-1504), Madonna col Bambino, tempera su tavola, cm 72 x 62, Torino, Pinacoteca Sabauda

Il contrario sembra avvenire sulla scena di Gandolfino da Roreto, dove un Bambino un po' imbambolato regge un cardellino nient'affatto remissivo. Non è neanche raro che il cardellino rischi seriamente di essere stritolato dalla sacra manina... La sua natura orgogliosa e selvatica è a dura prova, rosso nel rosso, anche nella Madonna del Popolo, dipinta da Lippo Memmi forse con l'aiuto di Simone Martini (che era suo cognato).

Gandolfino da Roreto, Madonna col Bambino e i santi , tavola, Quargnento (Novara), San Dalmazzo

 

Bernardino Fungai (1460-1516), La Madonna col Bambino, un angelo e San Girolamo (c. 1490), tempera su tavola, cm 88,5x71, Siena, Pinacoteca Nazionale

 

Lippo Memmi (1317-1356), Madonna con Bambino (Madonna del Popolo), tempera su tavola cm 78 x 51, Siena, chiesa di Santa Maria dei Servi


Moltissimi altri cardellini di questa varietà profetica hanno invece meravigiosamente appreso a coniugare l'allegria della loro cardellinità, con il dovere simbolico.

È una cosa che si capisce, per riflesso, dallo sguardo del bambino della Madonna di Carteano...

Madonna di Carteano, Prato, Cattedrale

E se si guarda come tentano il volo sia il cardellino del Pontormo...

Jacopo Carracci (il Pontormo) (1494-1557), Sacra Famiglia con San Giovannino (dopo il 1525), tela trasferita su tavola, cm 120 x 98,5, San Pietroburgo, Ermitage

... sia quello di Cima da Conegliano...

Giovanni Battista Cima da Conegliano (c. 1459 - c. 1517), Madonna col Bambino (1505-06), tavola, cm 53,3 x 43,8, Londra, National Gallery

 

 

non si può escludere che, usciti gli ultimi visitatori, svolazzino liberamente per le sale dell'Ermitage e della National Gallery, dove si trovano rispettivamente.


Molto ci dice, della vera natura del cardellino, quella sua capacità di impersonare un Mediterraneo familiare e domestico, in cui la tragedia (perché di una profezia tragica si tratta) non è mai irrimediabile

 

Nella Madonna col Bambino e due angeli del Sodoma, ecco un cardellino compagno di gioco

Giovanni Antonio Bazzi (il Sodoma) (1477-1549) e collaboratore (Bartolommeo Riccio?), La Madonna col Bambino e due angeli, tempera su tavola, cm 56x38, Siena, Pinacoteca Nazionale

E nella Sacra conversazione di Paris Bordon un cardellino che stende allegramente le ali e immaginiamo che canti

Paris Bordon (1500-1571), Sacra conversazione (c. 1520), tempera su tavola, cm 55x82, Siena, Pinacoteca Nazionale

E dato che San Giovannino è sempre lì anche lui, Carduelis profetica ha imparato a giocare in tre (bambino, cardellino e San Giovannino), cosa della quale si accorse anche Raffaello, come vedremo.

Girolamo Genga (1476-1551), La Madonna col Bambino, San Giovannino e Sant'Antonio da Padova (c. 1507-08), tempera su tavola, diametro cm 103, Siena, Pinacoteca Nazionale

Questo comportamento giocoso di Carduelis profetica, che giustifica l'antico nome di Carduelis famliliaris, ci consente di avanzare l'ipotesi che questa varietà sia più vicina al cardellino dipinto di ambiente non religioso (Carduelis carduelis laica), pur conservando, come abbiamo detto, la sua piena appartenenza al gruppo dei profetica.

Una conferma di questo punto di vista si può avere confrontando la Madonna di Girolamo Genga con una delle più discusse attribuzioni leonardesche, la sensuale Leda della Galleria Borghese di Roma, dove Castore e Polluce quasi calpestano un cardellino (troppo fiammingo per essere di Leonardo).

Giovanni Antonio Bazzi (il Sodoma) (1477-1549?), già attribuita a Leonardo da Vinci (1452-1519), Leda, olio su tela, cm 112 x 86, Roma, Galleria Borghese

Cacciato da Venezia per una "storia di donne", Carlo Crivelli, che non imparò mai a trasferire nella sua vita il miracoloso equilibrio armonico delle sue tele, fuggì in Dalmazia, ma poi riattraversò l'Adriatico, ritrovando, ad Ascoli Piceno, lo Schiavone, al quale insegnò come si dipingevano i cardellini. I cardellini del maestro veneziano, in effetti, non solo partecipano drammaticamente agli eventi, e non solo contribuiscono alla misteriosa rete di equilibri formali, ma si comportano liberamente da vivi, più vivi dei bambini e delle madonne che frequentano. Nell'ossessiva ricerca delle sue armonie compositive, Carlo Crivelli disseminava cardellini dappertutto: intrappolati nelle dita misteriose del bambino...

Carlo Crivelli (c. 1430 - 1511), Madonna col Bambino (c. 1473), tempera su tavola cm 35x23, New York, Metropolitan Museum

... o anche obliquamente e profeticamente incombenti...

Carlo Crivelli (1430 ca.- 1511), "Madonna della Passione" (Madonna col bambino, putti con i simboli della Passione, veduta del Golgota e Gerusalemme) (c. 1450), tempera su tavola cm 71x48, Verona, Civico Museo di Castelvecchio

Ed è Carlo Crivelli, del quale tutto si può dire, tranne che fosse sano di mente, l'unico pittore che abbia osato ritrarre un cardellino visto da dietro, ma in modo che gli si vedesse il rosso

Carlo Crivelli (1430 ca.- 1511), Il Beato Gabriele Ferretti in estasi (c. 1466?), tempera su tavola cm 141x87, Londra, National Gallery

Cristo e il cardellino familiare vengono da un altro pianeta. Sono gli unici, in questi quadri, che sanno come finirà la storia. Tra trent'anni ci saranno una crocifissione, una corona fatta con il paliuro, una macchia di sangue sulla faccia di un cardellino e uno straordinario cadavere...

Dipingendo la Madonna del grappolo d'uva, anche Bernardino Luini guardava molto oltre, lontano dai fondamentalismi leonardeschi e dai pezzi manualistici da bottega...

Bernardino Luini (?-c. 1532), Madonna del grappolo d'uva (1516), tavola cm 82x64, Genova, collezione privata

Cristo e il cardellino sono coetanei e immortali, e nonostante la profezia di morte si comportano da vecchi e lieti amici... perciò non c'è bisogno di tenerlo in mano, il cardellino. E nemmeno in gabbia o per un filo. Se ne starà a guardare (e a ricordare il futuro) sull'albero della morte (il noce cui si avvince la vite)...

La direzione intuita da Bernardino Luini era in realtà proprio la cosa (l'unica) che ci interessa più del cardellino: la pittura può diventare conoscenza della natura.

Quando Antonello da Messina arriva a Venezia (1475), il vicentino Bartolomeo Montagna rimane folgorato dalla rivoluzionaria intuizione del messinese: la luce sinteticamente compenetra uomo e natura. Siamo alla fine del Quattrocento, e quindi qui si parla, per il momento, di una soluzione armonica (architettonica) al problema, o di "dialogo tra figura e ambiente secondo rapporti atmosferici".

Bartolomeo Cincani (il Montagna) (c. 1449 - c. 1523), Madonna col Bambino (1480-90), olio su tavola 33,5x27,5, Oxford, Ashmolean Museum

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