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Uccelluzzi o cardellini?
Per noi che non sappiamo dare un nome a dieci stelle in cielo, un
uccelletto vale un altro: fringuello, venturone, verzellino, fanello,
ciuffolotto, lucherino, peppola, verdone, trombettiere, organetto,
crociere o cardellino.
Ora noi qui vogliamo, pur senza sottovalutare altre domande
sull'essere, la conoscenza e l'amore, porci questa fondamentale: che
cos'è veramente un cardellino?
Il problema è risolto tautologicamente dai manuali di zoologia: si
tratta di Carduelis carduelis, peso15 grammi, lunghezza 15
centimetri. Ama i cardi, di cui acrobaticamente si nutre, e che gli
danno il nome. Anzi, come vedete, due. Che sarebbe errore grave
considerare come un nome e un cognome. Innanzitutto, ma questa è la
ragione meno importante, perché esistono dodici sottospecie di Carduelis
carduelis (per esempio Carduelis carduelis parva, o Carduelis
carduelis britannica e così via), ma soprattutto perché, come
sicuramente immaginerete, non c'è cardellino che somigli a un altro.
Per dire, un cardellino che muore, non è uguale a un cardellino che
si è salvato. E quindi, conosciuto un cardellino, e denominatolo
Antonio, lo si potrebbe chiamare Antonio Carduelis carduelis (e
se fosse un cardellino inglese, Antony Carduelis carduelis
britannica). Ma anche così ci sarebbero comunque molte famiglie
con lo stesso cognome: combriccole andaluse, gruppetti provenzali,
frotte tunisine, morre sorrentine... Senza contare che, naturalmente,
c'è morra e morra. Insomma dire "cardellino" (o "goldfinch",
"chardonneret", "stieglitz", "jilguero")
è insoddisfacente almeno quanto annunciare, in un aeroporto: «il
signor homo sapiens è desiderato al telefono». Comprenderete
che non possiamo chiedere agli zoologi questo genere di distinzioni.
Essi ci possono invece dire che il cardellino è il capo di tutti i
"carduelis", o, se preferite, il vero "carduelis".
Perché di "carduelis" ce ne sono molti, molti altri. Dicono
gli zoologi che, per esempio, Carduelis chloris (il verdone), Carduelis
sernus (il fanello), Carduelis spinus (il lucherino),
appartengono allo stesso "genere".
Tutti questi uccelli sono i principali rappresentanti italiani
della "potente" famiglia dei fringillidi, che conta 83
generi e 289 specie (più di 500 forme diverse se si considerano anche
le varietà). Il capo dei "capi-fringillidi" (e quindi anche
dei cardellini, che sono soltanto" capo-carduelis") è
naturalmente il fringuello (Fringilla coelebs), ma va subito
aggiunto che nessuno tra questi uccelli potrebbe offendersi a sentirsi
chiamare "passerotto", perché in realtà fringuelli,
cardellini, e con loro moltissimi altri uccelli, sono comunque "passeriformi"
il che vuol dire il più grande ordine di uccelli del mondo il cui
prototipo, l'unico che possa fregiarsi del nome così impegnativo di
"passer", è il gracile e urbanissimo passero (chi l'avrebbe
detto?).
Sulla strada della distinzione gli zoologi ce l'hanno messa proprio
tutta. È vero, le loro inestricabili tassonomie disseminano assonanze
ingannatrici e trappole linguistiche; ma compongono anche una
"poetica parallela dei nomi e delle coincidenze", rendendo
giustizia a tutti quegli animali volanti e cantanti che si sentono di
norma chiamare uccelletti e basta.
Oppure "uccelluzzi", come accade purtroppo al cardellino
che se ne sta tra le dita della Madonna detta appunto "dell'uccelluzzo"
nella tela di Salvo d'Antonio nella Cattedrale di Siracusa. Che questa
genericità tassonomica abbia indebolito le proprietà taumaturgiche
del quadro, a dire il vero, non risulta. E tuttavia, prendendo i panni
del cardellino, non possiamo che sentirci traditi da questa fretta
indifferente e ingrata che ci cancella senza appello da una storia.
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Provate a essere, d'altra parte, Carlo Crivelli che sta lavorando
con i suoi gialli leggendari a raffigurare questo suo bellissimo
rigogolo:
Carlo Crivelli (c. 1430 - 1511), Polittico di San Domenico di
Camerino, Madonna in trono col Bambino che stringe tra le mani un
fringuello (1482), tempera su tavola, cm 190 x 78, Milano,
Pinacoteca di Brera
Gustave Courbet (1819-1877), Ragazza coi gabbiani (1865), olio
su tela, Parigi, Louvre
Albrecht Dürer (1471-1528), Madonna del lucherino (1506),
olio su tavola, cm 91 x 76, Berlino, Staatliche Museen
Ebbene, non vi sentireste anche voi offesi dal fatto che il quadro
si conosce oggi col titolo di Madonna in trono col Bambino che
stringe tra le mani un fringuello?
E se foste la ragazza che posa per Gustave Courbet con un carniere
di sterne in spalla,
non vi seccherebbe diventare la celebre Ragazza coi gabbiani?
(Per non dire dell'irritazione delle sterne, morte così, inutilmente,
senza nome).
Invece a noi qui interessa la circostanza opposta, e cioè che tra
gli uccelletti e gli uccelluzzi delle tele, di un ben preciso
personaggio si tratti, e cioè del cardellino. Il che vuol dire, per
fare un esempio, che i lucherini non ci riguardano assolutamente,
anche se possono esserci utili in negativo, per abituarci a cercare:
Quello che guarda con laica curiosità il sacro bambino standosene
sul suo braccio nella misteriosa Madonna del lucherino di
Albrecht Dürer, è, per l'appunto, un lucherino (Carduelis spinus).
Esattamente un lucherino, infatti, esprime il giallo e il verde che si
voleva.
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Anche una quaglia, per dire, non ci interessa.
Però, a guardar bene la celebre "Madonna della quaglia"
di Antonio Pisano (il Pisanello),
Antonio Pisano (Pisanello), (1395 ca.-1455 ca.), Madonna della
quaglia (1420 ?), tempera su tavola, cm 50x33, Verona, Museo di
Castelvecchio
si vede benissimo che due cardellini se ne stanno nella spalliera
fiorita, e, come vedremo, non sono assolutamente lì per caso
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Stabilita dunque la regola fondamentale del gioco (cardellini e
basta) cominciamo ad avvertire l'inquietante presenza di Giacomo
Desti, pittore cremasco della metà del Settecento, che,
identificatosi completamente in uno specifico "uccelluzzo",
lo raffigurava in ogni sua tela, decidendo infine di diventare uno di
loro, e prendendone il nome, cioè appunto "il Cardellino",
con il quale lo si conosce nella storia dell'arte.
Giacomo Desti (detto "il Cardellino) (Crema? seconda metà del
Settecento), Dipinti della Galleria Tadini, [successivamente
attribuiti ad Antonio Gianlisi il Giovane (Rizzolo San Giorgio di
Cremona, 1667-1727)], Galleria Tadini, Lovere (Bergamo)
Rispettiamo, naturalmente, la scelta opposta. Non risulta, ad
esempio, che abbia dipinto cardellini Francesco Cardillo, uno dei più
fedeli seguaci di Polidoro da Caravaggio a Messina, nella stessa città
della Madonna dell'uccelluzzo (metà del '500), né che lo
abbiano fatto, più o meno negli stessi anni, i Cardillo di Aversa
nella loro celebre bottega napoletana.
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Carduelis carduelis picta
Quando la giostra di geni agitava il corpo e la mente di Homo
neanderthalensis, i cardellini gli svolazzavano già intorno con
la stessa curiosa traiettoria ondulata di ora. Allora come ora, il
cardellino frequentava i cardi (Carduus) ma anche non meno di
152 specie di piante diverse ed era quindi adattato a impossibili
posizioni lungo fusti sottilissimi come quelli del tarassaco, robusti
come quelli del corbezzolo, spinosi come quelli dei cardi.
Noi non sappiamo quando possa essere nata l'idea di ritrarlo. Atto
d'amore che genera conoscenza che genera amore. Ma la tentazione deve
essere stata fin da subito forte, molto forte. Per via del giallo
dello specchio delle ali, del nero del capo, del bianco del petto, e
massimamente per quella misteriosa mascherina rossa sulla faccia.
Senza informare zoologi ed etologi, decidiamo qui e ora di
denominare Carduelis carduelis picta questo nuovo essere
vivente che ha perso, è vero, la terza dimensione, ma in compenso ha
sviluppato la quarta, cioè il tempo, in modo assolutamente
incredibile. Dal punto di vista evolutivo, noi riteniamo che la varietà
si sia determinata in seguito alla notevole attitudine della specie a
vivere a contatto con l'uomo e i suoi manufatti. In queste condizioni,
si stabilizzano, nel genotipo, caratteri tipici della specie umana
come la bellezza, l'allegria, la disperazione trasmessi, per lo più
casualmente, in virtù della suaccennata condivisione delle nicchie
ecologiche lungamente intervenuta tra Carduelis carduelis e Homo
sapiens. Se si considera che il contatto tra Carduelis
carduelis picta e le altre varietà può oggi avvenire quasi
esclusivamente attraverso le finestre dei musei, rendendo estremamente
improbabile il soddisfacimento dell'interfecondità, si perviene alla
conclusione che la nuova varietà si trova nella situazione di
isolamento che prelude alla nascita di una vera e propria specie. Non
si può tuttavia escludere che i caratteri da noi individuati per la
varietà vadano integrandosi con quelli già noti per la specie, perché
continuando i cardellini a vivere nello stesso ambiente degli uomini,
potrebbero, un giorno, decidere di dipingersi da soli.
Il becco del cardellino, quel becco a forma di cono quasi perfetto
(che cresce a volte a dismisura e che gli allevatori-carcerieri,
dicono i manuali, tagliavano periodicamente come unghie) è per
Hieronymus Bosch una questione assolutamente seria.
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Hieronymus Bosch (1450-1516), Il Giardino delle delizie (Trittico
delle delizie terrene) (c. 1510), tempera su tavola, cm 220 x
97, Madrid, Museo del Prado
In effetti chi guarda il prodigioso affollamento del pannello
centrale del Trittico delle delizie terrene, non dico il becco,
ma nemmeno il cardellino riesce a vederlo. Inutile cercarlo nei campi
aperti e nei fruttetti (che sono il suo ambiente naturale) perché il
visionario pittore lo ha messo con la pancia nell'acqua di uno stagno
verso cui premono uccelli esistenti e inventati, disposti in qualche
ordine misterioso. E se non sapessimo che quegli uccelli sono simboli
di altrettanti peccati ripresi dalla tradizione popolare di allora,
verrebbe voglia di scorgere in quell'ordine di profili quasi una
profezia darwiniana, un'anticipazione delle celebri tavole dei
fringuelli delle Galapagos (nella storia della scienza i fringillidi
hanno un posto speciale).
Tutta questa sovrabbondante popolazione animale esprime "la
natura turbata dalle forze demoniache della procreazione",
"il sonno dell'anima offuscata dal peccato". È un anatema
religioso, dunque. Ma anche una tassonomia iperreale, ispirata
dall'ossessione delle varianti formali dei viventi. Così da suggerire
un altro salto di più di tre secoli in avanti, un altro nodo cruciale
della biologia moderna, quello della morfologia trascendentale, e un
altro nome, quello di Goethe.
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Intanto, nello stagno di Bosch,
Hieronymus Bosch (1450-1516), Il Giardino delle delizie (Trittico
delle delizie terrene) (1510 c.), tempera su tavola, cm 220 x
97, Madrid, Museo del Prado
l'esagerato becco di cardellino (la lascivia) regge per il picciolo
una livida mora (la voluttà), troppo grande per la bocca della figura
che per metà affonda nello stesso stagno, insidiata da un'altra. In
groppa al cardellino uno si abbandona all'ignavia o alla disperazione,
altri si affollano tra l'upupa, il merlo acquaiolo, il martin
pescatore, il germano reale. Una coppia danza tra il brulicare di
surreali galleggiamenti. Il cardellino porge il frutto peccaminoso con
il suo becco meccanico.
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E che sia un cardellino tentatore lo conferma un'altro celebre
trittico del maestro:
Hieronymus Bosch (1450-1516), Trittico delle tentazioni, Le
tentazioni di Sant'Antonio (1505-06), olio su tavola, cm 131,5 x
119, Lisbona, Museu nacional de Arte Antiga
Noi, però, concentriamoci sul rosso. Il rosso-cupo della mora, che
è sicuramente il sangue, e il rosso vivo della testa del cardellino,
che è ancora sangue ma, per così dire, di un altro, incomparabile
gruppo...
Paliurus spina-Christi è un arbusto subsahariano diffuso in
tutto il Mediterraneo meridionale e anche in Italia, dove entra a far
parte, insieme con molte altre essenze che hanno fatto della spina la
propria salvezza dall'aridità, dell'orizzonte più caldo dei forteti
litorali e delle macchie intricate del retroterra. Con tutte quelle
spine, del paliuro non si può fare niente di utile. Ma il paliuro è
quello che ci vuole quando si deve fare una corona da tortura, da
infliggere ai disperati e ai rivoluzionari di Galilea. E infatti una
corona di spine tormentava le carni del Cristo sulla croce. Allora
come ora, a frotte di dieci dodici individui, i cardellini
perlustravano siepi, alberi isolati, cardi, e ogni altro legno
verticale. Ed è così che, acrobaticamente becchettando la corona, si
macchiarono la faccia del sangue divino.
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Paliurus spina-Christi
Hieronymus Bosch (1450-1516), L'incoronazione di spine
(1507-08), olio su tavola, cm 73 x 59, Londra, National Gallery
E questa è la terza ragione, dopo il colore e il becco, che ha
fatto la straordinaria fortuna pittorica del cardellino.
Una presenza nei quadri, ma anche una vicinanza a Dio, del tutto
sproporzionate ai suoi quindici grammi.
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Al momento della creazione, ad esempio, una delle prime cose di cui
assolutamente il pianeta ha bisogno è un cardellino. Ecco uno di
questi cardellini che vive a Londra, al British Museum, dentro una
bibbia istoriata francese del XIV secolo. Ed eccone un altro, che
abita invece a Parigi, nel codice miniato delle Petites heures de
Jean de Berry. Questi cardellini se ne stanno sempre molto vicino
a Cristo... E uno di essi, a Praga, si prende, da solo, uno dei tre
ulivi della Passione dipinta dal Maestro di Vyssi Brod (gli altri due
sono per l'upupa e il fringuello).
Miniatore inglese, Dio crea gli animali (dalla Bibbia
istoriata francese di Holkam Hall, Inghilterra, inizio XIV secolo),
miniatura su pergamena, Londra, British Museum
Codice del XIV secolo, Petites heures de Jean de Berry, San
Giovanni Battista nel deserto, fol. 208, mm 90 x 70, Paris, BNF, LAT
18014
Maestro Bertram (c. 1345 - 1415), Pannello dell'altare di Grabow
(1379), tavola, cm 80 (h), Amburgo, Kunsthalle
Maestro di Vyssi Brod, Cristo sul Monte degli Ulivi (c.
1350), Praga, Galleria Nazionale
Tra la seconda metà del Quattrocento e la prima del Cinquecento,
in tutta Europa, e soprattutto in Italia, migliaia di quadri saranno
visitati da Carduelis carduelis. Un'esplosione demografica
senza precedenti, che provoca una vera e propria radiazione evolutiva
e che quindi ci costringe a una ridefinizione tassonomica.
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Per orientarci nel non facile intreccio di varietà, guardiamo
questi cardellini che svolazzano intorno ai Magi dipinti dal Sassetta:
Stefano di Giovanni (il Sassetta), Il viaggio dei Magi (c.
1435), tempera su tavola cm 31,1x38,3, Siena, Collezione
Chigi-Saracini
o quello che assiste (alquanto indifferente) al martirio di San
Sebastiano (nell'unico dipinto conosciuto del misterioso maestro
parmense)...
Josaphat Araldi, San Sebastiano (primo quarto XVI secolo),
Parma, Galleria Nazionale
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Tutti questi cardellini formano in effetti una sotto-varietà che
si potrebbe definire, per la propensione territoriale,
"selvatica". Avremo dunque Carduelis carduelis picta
sylvestris (anche se, a dire il vero, questi cardellini
sembrano già saperla lunga sulle umane vicende). Comunque, se ne
stanno ai margini dei quadri, a sgranocchiare semi, soprattutto di
miglio, e vogliono fare decorazione.
Vivono sì in ambienti pii Natività, Crocifissioni, Sacre
Conversazioni, Annunciazioni ma sono appena arrivati dai campi, non
sono cardellini "domestici".
Benozzo di Lese (Benozzo Gozzoli) (1421-1497), Sacra
Conversazione (Madonna in trono col Bambino, angeli e santi)
(1462), tempera su tavola, cm 161,9x170,2, Londra, National Gallery
Comunque, sono sempre in bella vista, come si conviene agli uccelli
di spazi aperti. Ecco il cardellino di Bartolomeo Vivarini , tra gli
zoccoli del cavallo di San Martino:
Bartolomeo Vivarini (c. 1430 - dopo il 1491), San Martino e il
povero (1491) scomparto di polittico, tavola, Bergamo, Accademia
Carrara
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Si posano quasi sempre di profilo, in modo da mostrare il rosso, il
giallo e il nero, non volano quasi mai (piuttosto svolazzano). Eccone
due nell'Annunciazione di Vittore Carpaccio:
Vittore Carpaccio, (c. 1460/65 - 1525/26), Annunciazione (c.
1504), tela, Venezia, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca' d'Oro
Per Antonio da Crevalcore, come per Giacomo Desti, questo tipo di
cardellino è una firma.
[ma spesso sono i fringuelli a far da protagonisti (Madonna con
il Bambino, Milano, collezione G.M.M.)]
Antonio da Crevalcore, Madonna con il Bambino adorati da un
angelo, Londra, collezione privata
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Ma la verità è che se un cardellino va in un quadro non ci va per
niente. Per quanto Carduelis carduelis picta sylvestris viva
nei quadri praticamente da solo, non di rado in disperata solitudine,
non ci va per fare numero o colore, e si intuisce che ha un presagio
da cantare. Per sottolineare questa fondamentale inclinazione, che fa
rientrare questi soggetti nel ceppo principale dei cardellini
religiosi (Carduelis profetica, vedi oltre) li
consideriamo una forma intermedia e li designamo con il nome di Carduelis
intermedia (= Carduelis carduelis picta sylvestris
pseudoprofetica).
Vediamone subito alcuni esempi.
Giovanni Bellini (c. 1431/36 - 1516), Madonna con il Bambino, il
doge Agostino Barbarigo e i santi Marco e Agostino ("Pala
Barbarigo") (1488), olio su tela, cm 200 x 320, Murano
(Venezia), Chiesa di San Pietro Martire
Mariotto Albertinelli (1474-1515), Crocifissione, affresco,
Firenze, Certosa del Galluzzo
Domenico Ghirlandaio, (1449-1494), Natività, tempera,
Firenze, Santa Trinita
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Ma gradatamente, che sia per la via di Darwin o per quella di
Lamarck, una nuova varietà (sotto-varietà) deve essersi evoluta tra
i colori e i pennelli: canta sì i suoi presagi di morte, ma in modo
meno cupo, prende confidenza con i personaggi, si addomestica senza
perdere senso e missione.
Lo si vede bene in questa forma intermedia che vive a Parigi, in
una tavola del veneziano Jacopo de' Barbari, dei primi anni del
Cinquecento: la Vergine della fontana
Jacopo de' Barbari (1445-1515), Sacra conversazione ("Vergine
della fontana") (primi anni del XVI secolo), olio su tavola,
Parigi, Louvre
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Ebbene, ci prenderemo la responsabilità di chiamare questi
cardellini con il nome Carduelis profetica (Carduelis
carduelis picta profetica). Se ne stanno nei quadri delle Madonne
rinascimentali, accanto al sacro bambino, tra le sue mani, o nelle
immediate vicinanze. Giocano con lui, gli svolazzano intorno, lo
guardano rispettosi o stupefatti, ma anche con sovrana indifferenza,
tentano anche di scappare, ma se scappano si riposano lì vicino, su
un rametto o su un albero.
Hans Baldung Grien (1484/85 - 1545), Sacra Famiglia in un
paesaggio (Riposo nella Fuga in Egitto) (c.1511-12), olio
su tavola, cm 47 x 37, Vienna, Gemäldegalerie Akademie der
bildenden künste
In molti casi, a dire il vero, né il bambino né il cardellino
sembrano divertirsi granché, anzi l'"uccelletto" è tenuto
un po' di malagrazia. Accade ad esempio a uno dei numerosi cardellini
della bottega dei Gaddi, precisamente di Taddeo, alla metà del
Trecento...
Taddeo Gaddi (?-1336), Madonna col Bambino (c. 1355), tempera
su tavola cm 55,5x85, Firenze, Le Rose, chiesa di San Lorenzo
[A proposito del "cardellinismo" di Taddeo Gaddi si può
anche ricordare la Madonna in trono con Bambino e angeli musicanti,
tempera su tavola, Firenze, Uffizi].
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Ed ecco un cardellino senese di cent'anni più giovane, e un'altro
che vive a Torino, alla Galleria Sabauda, quasi un cardellino-oggetto,
dipinto da Giorgio Schiavone alla fine del Quattrocento...
Bernardino Fungai (1460-1516), La Madonna col Bambino,
tempera su tavola, cm 64x43, Siena, Pinacoteca Nazionale
Giorgio Chiulinovic (Giorgio Schiavone) (c.1436-1504), Madonna
col Bambino, tempera su tavola, cm 72 x 62, Torino, Pinacoteca
Sabauda
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Il contrario sembra avvenire sulla scena di Gandolfino da Roreto,
dove un Bambino un po' imbambolato regge un cardellino nient'affatto
remissivo. Non è neanche raro che il cardellino rischi seriamente di
essere stritolato dalla sacra manina... La sua natura orgogliosa e
selvatica è a dura prova, rosso nel rosso, anche nella Madonna del
Popolo, dipinta da Lippo Memmi forse con l'aiuto di Simone Martini
(che era suo cognato).
Gandolfino da Roreto, Madonna col Bambino e i santi , tavola,
Quargnento (Novara), San Dalmazzo
Bernardino Fungai (1460-1516), La Madonna col Bambino, un angelo
e San Girolamo (c. 1490), tempera su tavola, cm 88,5x71, Siena,
Pinacoteca Nazionale
Lippo Memmi (1317-1356), Madonna con Bambino (Madonna
del Popolo), tempera su tavola cm 78 x 51, Siena, chiesa di
Santa Maria dei Servi
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Moltissimi altri cardellini di questa varietà profetica
hanno invece meravigiosamente appreso a coniugare l'allegria della
loro cardellinità, con il dovere simbolico.
È una cosa che si capisce, per riflesso, dallo sguardo del bambino
della Madonna di Carteano...
Madonna di Carteano, Prato, Cattedrale
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... sia quello di Cima da Conegliano...
Giovanni Battista Cima da Conegliano (c. 1459 - c. 1517), Madonna
col Bambino (1505-06), tavola, cm 53,3 x 43,8, Londra, National
Gallery
non si può escludere che, usciti gli ultimi visitatori, svolazzino
liberamente per le sale dell'Ermitage e della National Gallery, dove
si trovano rispettivamente.
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Molto ci dice, della vera natura del cardellino, quella sua capacità
di impersonare un Mediterraneo familiare e domestico, in cui la
tragedia (perché di una profezia tragica si tratta) non è mai
irrimediabile
Nella Madonna col Bambino e due angeli del Sodoma, ecco un
cardellino compagno di gioco
Giovanni Antonio Bazzi (il Sodoma) (1477-1549) e collaboratore (Bartolommeo
Riccio?), La Madonna col Bambino e due angeli, tempera su
tavola, cm 56x38, Siena, Pinacoteca Nazionale
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E dato che San Giovannino è sempre lì anche lui, Carduelis
profetica ha imparato a giocare in tre (bambino, cardellino e San
Giovannino), cosa della quale si accorse anche Raffaello, come
vedremo.
Girolamo Genga (1476-1551), La Madonna col Bambino, San
Giovannino e Sant'Antonio da Padova (c. 1507-08), tempera su
tavola, diametro cm 103, Siena, Pinacoteca Nazionale
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Questo comportamento giocoso di Carduelis profetica, che
giustifica l'antico nome di Carduelis famliliaris, ci
consente di avanzare l'ipotesi che questa varietà sia più vicina al
cardellino dipinto di ambiente non religioso (Carduelis carduelis
laica), pur conservando, come abbiamo detto, la sua piena
appartenenza al gruppo dei profetica.
Una conferma di questo punto di vista si può avere confrontando la
Madonna di Girolamo Genga con una delle più discusse attribuzioni
leonardesche, la sensuale Leda della Galleria Borghese di Roma,
dove Castore e Polluce quasi calpestano un cardellino (troppo
fiammingo per essere di Leonardo).
Giovanni Antonio Bazzi (il Sodoma) (1477-1549?), già attribuita a
Leonardo da Vinci (1452-1519), Leda, olio su tela, cm 112 x
86, Roma, Galleria Borghese
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Cacciato da Venezia per una "storia di donne", Carlo
Crivelli, che non imparò mai a trasferire nella sua vita il
miracoloso equilibrio armonico delle sue tele, fuggì in Dalmazia, ma
poi riattraversò l'Adriatico, ritrovando, ad Ascoli Piceno, lo
Schiavone, al quale insegnò come si dipingevano i cardellini. I
cardellini del maestro veneziano, in effetti, non solo partecipano
drammaticamente agli eventi, e non solo contribuiscono alla misteriosa
rete di equilibri formali, ma si comportano liberamente da vivi, più
vivi dei bambini e delle madonne che frequentano. Nell'ossessiva
ricerca delle sue armonie compositive, Carlo Crivelli disseminava
cardellini dappertutto: intrappolati nelle dita misteriose del
bambino...
Carlo Crivelli (c. 1430 - 1511), Madonna col Bambino (c.
1473), tempera su tavola cm 35x23, New York, Metropolitan Museum
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Cristo e il cardellino familiare vengono da un altro pianeta. Sono
gli unici, in questi quadri, che sanno come finirà la storia. Tra
trent'anni ci saranno una crocifissione, una corona fatta con il
paliuro, una macchia di sangue sulla faccia di un cardellino e uno
straordinario cadavere...
Dipingendo la Madonna del grappolo d'uva, anche Bernardino
Luini guardava molto oltre, lontano dai fondamentalismi leonardeschi e
dai pezzi manualistici da bottega...
Bernardino Luini (?-c. 1532), Madonna del grappolo d'uva
(1516), tavola cm 82x64, Genova, collezione privata
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Cristo e il cardellino sono coetanei e immortali, e nonostante la
profezia di morte si comportano da vecchi e lieti amici... perciò non
c'è bisogno di tenerlo in mano, il cardellino. E nemmeno in gabbia o
per un filo. Se ne starà a guardare (e a ricordare il futuro)
sull'albero della morte (il noce cui si avvince la vite)...
La direzione intuita da Bernardino Luini era in realtà proprio la
cosa (l'unica) che ci interessa più del cardellino: la pittura può
diventare conoscenza della natura.
Quando Antonello da Messina arriva a Venezia (1475), il vicentino
Bartolomeo Montagna rimane folgorato dalla rivoluzionaria intuizione
del messinese: la luce sinteticamente compenetra uomo e natura. Siamo
alla fine del Quattrocento, e quindi qui si parla, per il momento, di
una soluzione armonica (architettonica) al problema, o di
"dialogo tra figura e ambiente secondo rapporti
atmosferici".
Bartolomeo Cincani (il Montagna) (c. 1449 - c. 1523), Madonna col
Bambino (1480-90), olio su tavola 33,5x27,5, Oxford, Ashmolean
Museum
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