L'ultima spiaggia da ècole 23 2003 |
Cara S., ti scrivo, come sempre, soprattutto perché "una lettera è una gioia della terra", come scriveva Emily Dickinson, ma anche perché non ho certo dimenticato i bagliori che avevi negli occhi quando ti parlai di alcune tavole di Roberto Innocenti che mi aveva mostrato Alfredo Stoppa, persona squisita e primo motore delle Edizioni C'era una volta. Me le aveva mostrate e te ne avevo voluto parlare, pur ben sapendo quanto fosse improbabile che riuscissi a darti un'idea significativa di quel che avevo visto. Ma i bagliori dei tuoi occhi mi avevano fatto capire quali bagliori fossero nei miei, e ne ero contento. Erano bagliori che raccontavano la memoria viva dei lavori precedenti del grande pittore: da Canto di Natale di Dickens a Pinocchio di Collodi, da Schiaccianoci di Hoffmann a Cenerentola di Perrault (tutti pubblicati da C'era una volta...); bagliori che raccontavano la memoria viva di Rose Blanche, la ragazzina che vive in Germania durante il nazismo e porta di nascosto qualcosa da mangiare ai prigionieri di un lager: ogni giorno, da quando ne ha scoperto casualmente l'esistenza poco fuori città, fino al giorno in cui nella nebbia, vicino al reticolato, fors'anche per caso, viene uccisa da un soldato tedesco che fugge disperato perché la guerra è finita, stanno arrivando i sovietici e non ci sarà più scampo. Sì, anche se nella versione italiana la protagonista si chiama Rosa Bianca, per me continua a essere Rose Blanche, dal momento che la prima lettura che ne feci aveva appunto questo titolo perché avvenne nel 1985 sull'edizione londinese di Jonathan Cape, con il testo di Ian McEwan. Questo splendido libro (una ventina di tavole e un testo brevissimo, essenziale) venne infatti proposto da Innocenti, a partire dal 1979, a diversi editori italiani: la risposta, unanime, fu che non fosse il caso di pubblicarlo, perché per un libro siffatto non ci sarebbe stato mercato internazionale. Innocenti si rivolse allora altrove e il risultato, anche a dimostrazione dell'oculatezza lungimirante degli editori italiani, fu che il libro venne pubblicato nel 1985 in Svizzera, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Belgio, Olanda, Germania, Svezia, Danimarca, Norvegia. Nel 1990, finalmente, grazie a C'era una volta..., il libro comparve anche in Italia; e aggiungerò che in seguito uscì anche a Taiwan. Dicevo dunque che al solo sentir raccontare di alcune tavole avevi bagliori negli occhi che raccontavano una memoria viva; e raccontavano il desiderio di una nuova festa per gli occhi e per la mente, il desiderio di rinnovare e accrescere quella memoria. Ora quelle tavole sono diventate un libro: un libro che si intitola L'ultima spiaggia (Edizioni C'era una volta..., sia benedetto il loro nome, e le opere e i giorni) ed è un poème per immagini e parole, una composizione poetica alta, di sferzante profonda delicatezza. Racconta di un pittore che, resosi conto di avere perduto quello che Wordsworth chiamava "occhio interiore", l'immaginazione, decide di partire per Chissàdove. Ma l'auto "improvvisamente svoltò per una stradina secondaria. Una stradina lunga come la solitudine, al di là di un precipizio infido come l'oblio, nel bel mezzo di una notte illuminata da una ragnatela di lampi".
L'auto è una Renault 4; questa è
rossa, mentre la mia era bianca,
ma sai bene che si tratta di
auto che sanno scegliere la
strada, e infatti la mia mi
ha portato mille volte a Chissàdove,
e mille volte da te, nei
momenti difficili e in quelli
più luminosi. Quando la benzina
finisce, l'auto si ferma davanti
a un albergo sulla costa - e
mi è stato inevitabile pensare
alla locanda di Coffin, dove
Ismaele conobbe Queequeg -:
sulla porta c'è un ragazzo
che parla come Huckleberry
Finn, e alla reception un
pappagallo che si direbbe proprio
il "Capitano Flint"
di Long John Silver. "Restai
imbambolato davanti alle
firme degli altri ospiti". E come
dubitarne? Si leggono infatti,
nel librone, le firme di Oliver
Twist, Tom Sawyer, Huck "Una parola è morta / quando è detta - / c'è chi dice così. // Io dico invece / ch'essa comincia a vivere / proprio quel giorno". E poi, arenati sulla spiaggia, ci sono anche i protagonisti del primo libro della mia Bibbia personale: Achab e Moby Dick. Sono tutti lì, chissàdove, ciascuno in cerca di peculiari chissàche che si vanno stagliando: stupore, verità, amore, vita e quant'altro. Quando si intravedono aperture di questo tipo si può anche riprendere il cammina cammina, infatti se ne ripartono tutti dalla locanda, pittore compreso. E lungo la strada trova Huck Finn, con un fagotto sulle spalle, che gli chiede un passaggio. Dice che ciavrebbe voglia di scuriosare indove che la strada ciavrà voglia di farcelo 'ndare, e che ci piacerebbe anche trovare il scrittore, Marktuèin, perché in questo caso potesse stuzzicarlo a farlo 'ndare nel dentro di qualche nuova avventura.
E così se ne vanno, ricchi di immaginazione
e di racconto, verso Chissàdove,
verso "qualche posto
dove la gente non si
meraviglia della meraviglia". Anche
noi non possiamo che andare:
ricchi di questa meraviglia cresciuta
sotto le mani sapienti del
grande Roberto; ricchi di
questo poème che in quanto
tale è, come scriveva René
Char, "l'amore attuato S., ora prendo l'auto e ti raggiungo. Andremo a Chissàdove, cercando Chissàche, e passando per L'ultima spiaggia "viaggeremo verso il giorno, / l'uno all'altra ridicendo / i canti che cantammo / per fugare la tenebra" (Emily Dickinson).? |