In memoria di Astrid Lindgren da ècole 12 2002 |
Sembrano i tre giganti di quel racconto popolare di cui parlava Gramsci in una lettera dal carcere. "Tre giganti abitano nella Scandinavia lontani uno dall'altro come le grandi montagne. Dopo migliaia d'anni di silenzio, il primo gigante grida agli altri due: "Sento muggire un
armento di vacche!". Dopo
trecento anni il secondo
gigante interviene:"Ho sentito anch'io il mugghio!". E
dopo altri trecento anni il
terzo gigante intima: "Se
continuate a far chiasso così
me ne vado!"". Sì,
arrivano solitari, e camminano camminano
con passo cadenzato e
silenzioso, ma lasciano orme
profonde; spesso tracciano
perfino sentieri nuovi,
nuove strade. Sono gli scrittori
nordici, gli scrittori dei
paesi scandinavi che scrivono per
i ragazzi o i cui libri i
ragazzi fanno propri: Hans Christian
Andersen, Peter Christen E Andersen ci ha regalato se stesso, il favoloso Andersen, le sue stupende fiabe, la sua dolente grandezza. Il semplice fatto di pronunciare il nome di Andersen, di scriverlo, pensarlo, mi stuzzica la voglia di soffermarmi a lungo su di lui, e parlarne e parlarne, di rileggere quelle grandissime storie che sono, per esempio, La regina delle nevi, L'ombra, I vestiti nuovi dell'imperatore. Mi stuzzica la voglia di rileggerlo tutto (e ne approfitto per segnalare che da Donzelli, per le cure di Bruno Berni, è uscita ora in una nuova traduzione la raccolta di tutte le sue centocinquantasei Fiabe e storie - nonché per ricordare che Tagore, visitando le scuole danesi, disse che non capiva come mai avessero tante materie di studio quando avrebbero tranquillamente potuto sostituirle con una sola che le includesse tutte: Andersen). Ma la ragione di questa mia incursione nordica è un'altra: ricordare Astrid Lindgren, morta a novantaquattro anni il 28 gennaio 2002. Astrid Lindgren è giustamente apprezzata e amata per avere scritto Pippi Calzelunghe, un libro del 1945 che segnò una svolta importante nella cosiddetta letteratura per l'infanzia. Pippi è infatti una bambina dalla forza prodigiosa che vive sola in una casa dove fa quel che vuole e da dove si muove per fare quel che vuole. Una bambina libera, allegra, viva. Una bambina inesorabilmente pronta e disponibile a camminare camminare per rendere liberi, allegri, vivi. Un personaggio che si colloca con pieno diritto accanto ad Alice, alla Dorothy del Mago di Oz, alla Jo di Piccole donne. Ma Astrid Lindgren non ha scritto soltanto Pippi Calzelunghe, e sarebbe davvero ingiusto ricordarla soltanto per questo suo pur importantissimo libro. La Lindgren ha scritto moltissimo, e diversi libri sono tradotti anche in italiano, editi da Salani e da Mondadori. A me preme qui ricordare in particolare il fiabesco Mio piccolo Mio e il coraggioso I fratelli Cuordileone, ma soprattutto Ronja. Ronja è la figlia di un brigante che vive e imperversa in una foresta incantata e primordiale. La nascita di Ronja avviene in una notte in cui si è scatenata una tempesta furibonda che riesce a gettare nel terrore persino quegli strani personaggi che si aggirano nella selva e si direbbe non possano avere paura di alcunché. Ma a sconvolgere davvero il padre di Ronja non è la furia degli elementi, bensì il primo pianto della figlia. Figlia, peraltro, che non smetterà mai di sconvolgere il suo amatissimo padre, giacché non esiterà a innamorarsi del figlio del
capo della banda rivale, a ribellarsi agli odi sedimentati e ineluttabilmente ereditati, a vivere nel bosco, ad affrontare l'abisso, a voler scardinare gli abissi. L'amore, la ribellione, l'appassionato spendersi sono il pane e l'acqua e l'aria e il giaciglio di Ronja, che sa costruire la propria vita perché ha voluto e vuole chiedersi reiteratamente e davvero, nel fondo profondo, "chi sono io?". In una intervista Astrid Lindgren ha raccontato: "Io sono figlia di contadini e sono cresciuta in un ambiente dove le donne non erano piccole e deboli appendici degli uomini, ma erano pari a loro, pienamente, e forti ed energiche". Come Pippi, insomma, come Ronja - e come la loro mamma Astrid, che ora è rimasta incantata e ci ha lasciati qui, un po' più soli, a coltivare la malinconica allegria e l'allegra malinconia della sua cara memoria. |