Come cammina la metà del cielo

Le protagoniste al femminile di Bianca Pitzorno

su ècole aprile 1992

                                                                                                                     

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 Bisognerebbe forse festeggiare. Far davvero una festa, con il vino e la musica, danzare intorno al fuoco, stringere mani e abbracciarsi forte, far correre in allegra libertà le parole stanate dalle gole,

 e soprattutto da quelle più recondite e più fitte d'anfratti. Bisognerebbe festeggiare perché finalmente è spuntato un personaggio lurido davvero, un personaggio fortemente connotato nella propria incorruttibile stupidità, un esemplare davvero illuminante di cosa significhino le impietose prevaricazioni sui deboli e il servilismo di fronte ai potenti, il pregiudizio classistico, l'ansia forsennata di potere.

Questo personaggio si chiama Argia Sforza, insegna in una nostra scuola elementare degli anni Cinquanta, e abita nel libro più recente di Bianca Pitzorno, Ascolta il mio cuore, Mondadori 1991. Un libro, questo, particolarmente importante, e per diverse ragioni. Una di queste è contenuta già nel titolo; un titolo che va inteso alla lettera, pensando proprio a quel muscolo che s'agita dentro ognuno di noi e i cui ritmi accompagnano quell'essenza profonda che è l'incessante provare emozioni. Ritmi mutevolissimi, peraltro, giacché appunto di un muscolo si tratta, e non già di un'eterea entità individuabile come ricettacolo di pseudonobili luoghi comuni cementati tra loro dalle vischiose melasse della più subdola falsa coscienza. Ed è proprio il cuore-muscolo che Prisca, ragazzina che frequenta quell' anno la quarta elementare, fa ascoltare alle sue amiche nei momenti cruciali, quando un'emozione urge, quando preme una gioia, quando l'indignazione si fa incontenibile, quando diventa non più tollerabile il tollerare che impunemente e impudicamente la grettezza e il sopruso emanino i loro mefitici miasmi. E questo ascoltarsi è una sorta di prologo, l'avvio di un reagire al non tollerabile che si configura ben presto come un'azione in sé, come un'affermazione di sé e del proprio sentire che acquisisce un'identità Crescente e progressivamente autonoma. Questa connotazione non è un'esclusiva di quest'ultimo libro; è anzi un elemento costante del lavoro di Bianca Pitzorno, ed è forse il tratto più precisamente caratteristico delle sue protagoniste - bambine ragazzette o adolescenti che siano.

Protagoniste, al femminile, giacché è sempre di questa metà del cielo che racconta, mettendo in scena un mondo non certo a sé stante, isolato e privo di agganci e di intrecci, ma sicuramente un mondo in cui il femminile è il perno. Bianca Pitzorno sostiene che la scelta di parlare di questa metà del cielo deriva semplicemente dal fatto che lei non riesce a parlare se non di quello che conosce a fondo, e che conosce a fondo non perché si sia documentata nel merito ma piuttosto perché è sempre e comunque un pezzo di sé, qualcosa che le appartiene davvero in quanto - quando non addirittura vissute personalmente - setacciato tra le fitte maglie della propria sensibilità. Chissà se per merito esclusivo di Bianca Pitzomo e anche per il fatto che - lo si voglia o no, piaccia o apra una ferita - questa metà del cielo è più viva e più forte; il fatto è comunque che le protagoniste dei suoi libri sono sempre personaggi che perseguono a fondo, con determinazione, la caratterizzazione qualitativa del proprio camminare camminare nel vasto mondo.  

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