Non essendo che uomini su ècole - marzo 1992 |
*********************** "Non essendo che uomini" diceva Dylan Thomas in una delle Poesie inedite (Einaudi 1980) - "camminavamo tra gli alberi/ spauriti pronunciando sillabe sommesse/ per timore di svegliare le cornacchie,/ per timore di entrare/ senza rumore in un mondo di ali e di stridi.” E proseguiva
sostenendo, di contro, che
"se fossimo bambini potremmo arrampicarci,/ sorprendere nel
sonno le cornacchie (…)/ e, dopo l’agile ascesa,/ cacciar la
testa al disopra dei rami/ per ammirare stupiti le immancabili
stelle". In una bella storia fiabesca di Nico Orengo
recentemente uscita presso ValIardi, Beniamino e la stella, il
protagonista, costituzionalmente ben uso a "cacciar la testa
al disopra dei rami", una mattina scopre una imprevista
stella, rimasta lì nonostante e ben oltre la fine della notte.
Dapprima questo fatto gli fornisce un buon .alibi per continuare a
dormire, ma poi interviene la preoccupazione che il troppo potente
e impietoso Sole possa bruciarla. E allora decide di fare
qualcosa. Facendosi aiutare dal signor Merlo, dal Vecchio Alce, da
una Nuvoletta e da un Cirro, riesce a raggiungere la Stella, e qui
scopre che questa è minacciata da un Buco Nero, "perché le
stelle custodiscono i sogni (...) E i Buchi Neri sanno che
divorando i sogni degli uomini gli uomini non potranno più far
crescere i bambini, gli uomini non vivono senza sogni", dice
la Stella, "e i bambini sono i loro cammellieri di
sogni". Che le Stelle custodiscano i sogni, Beniamino lo
verifica abbastanza in fretta, guardandosi attorno con estrema
attenzione e non senza difficoltà, giacché, come gli dice la
Stella, "i sogni bisogna saperli vedere, distinguere dalla
realtà". E sarà proprio in un paio di sogni che Beniamino
troverà la soluzione per salvare la stella e acquietarsi felice
in un sonno rinnovato. E' una bella fiaba, questa ultima di Orengo,
lieve e ritmata, e percorsa dal ritmo lieve dal timbro di cembalo
del convergere degli elementi. Acqua
e aria, bestie ed umani, possono molto contro angosce e rovine,
purché non si contentino di "camminare tra gli alberi"
e di pacificarsi incasellando gli eventi, foss'anche in pur nobili
e necessarie consapevolezze; possono molto, purché si diano da
fare a "cacciare la testa al disopra dei rami", e quindi
anche nel più profondo di sé, probabilmente il più ineludibile
passo per percorrere una strada che agisca davvero sulle armonie
ferite. A frugare nei sogni, dunque, succede di riuscire a trovare
rimedi. Ma succede anche, e per fortuna, di riuscire a
ingarbugliare le vicende, e forse perdersi e forse trovarsi, e
aggiungere elementi al funambolico e finanche stordente pensare -
che è però soprattutto
un modo per rendersi più viva la vita. Infatti, per esempio, se
si fruga in quel luogo di sogno -
di sogno e di
pensiero - che è
il "quaderno di aritmetica del gatto Pastrocchio", oltre
alla certezza che "Un gatto più un gatto fa due gatti / un
gatto meno un gatto fa un gatto andato via" e che "Un
gatto meno un gatto fa tre topi che ballano", c'è anche
qualche dubbio, qualche necessità di fermarsi a pensare. Pensare
e ripensare, contando e ricontando, e forse soprattutto contando e
raccontando, per esempio nel caso dello specchio e in quello, per
l'appunto, del sogno: "Un gatto che si specchia fa due gatti
/ come un gatto che sogna / d'essere un gatto / un gatto che sogna
di specchiarsi / fa tre gatti / e forse quattro"...
E' in un piccolo bel librino di Giovanni Raboni, Un gatto più un gatto (Mondadori 1991), che si trovano queste poesie, insieme ad altre già uscite, come anche queste, nel 1978 da Feltrinelli in Pin pidin. Poeti d'oggi per i bambini, un importante libro che conteneva perlopiù testi semplicemente orrendi ma anche alcune squisitezze come la Cantilena londinese di Zanzotto, le "animale" di Scialoja, alcune cose di Antonio Porta e, appunto, le poesie di Raboni ora riproposte autonomamente. Dispiace, semmai, che ai testi già comparsi in Pin pidin se ne siano aggiunti nel libretto solo tre molto brevi e non abbiano trovato posto nella raccolta anche almeno due poesie del Raboni "non per bambini": due poesie "gattesche", molto belle, contenute in libri precedenti. Per impulso ribellistico contro l'accidia di autori, editori, consulenti editoriali, librai, vorrei riprodurre qui quelle due poesie, pur ben cosciente però che così si incrementano le pigrizie docenti e non docenti. Però non è facile, a dieci e più anni dalla loro uscita, trovare in libreria libri di poesia - anche se editi da Mondadori, o forse soprattutto se editi da Mondadori -,e allora ecco qui: da Nel grave sogno (Mondadori 1982), Personcina: "Quando dorme se lo chiami/ muove un orecchio solo// Succhia latte nei sogni/ della sua mamma morta'// Morde biscotti. Adora i fondi di caffè.// Con le zampe assapora/ scialli e maglioni.// Dorme sui fogli. Usa/ un libro per cuscino// Sta bene soprattutto/ in fondo agli armadi, nelle scatole...// Con occhi più verdi, tremando/ spia il viavai dei piccioni.// Si lecca i baffi puntando/ la mosca che volerà." E poi da Cadenza d'inganno (Mondadori 1975), Jubilate agno: “Per queste cose considero la mia gatta Cipolla./ Perché per prima cosa si guarda le zampe per vedere se sono pulite./ Per seconda cosa solleva le zampe per pulirle./ Per terza cosa si stira./ Per quarta cosa affila le zampe su un legno./ Per quinta cosa si lava./ Per sesta cosa si rotola./ Per settima cosa si spulcia./ Per settima cosa si strofina allo stipite./ Per nona cosa guarda in su aspettando istruzioni./ Per decima cosa va a cercarsi da mangiare./ Perché neutralizza il diavolo, che è la morte, dandosi da fare con la vita”. |