Rubrica Leggere gli anni verdi

 

su ècole ottobre 1992

                                                                                                                     

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Guarda, a scrutare da qui, dalle mefitiche pianure di Padania, e per di più andando in direzione dell'inverno, è nient'altro che nebbia quel che si vede incombere. Nebbia di consistenza catramosa, "e, quel ch'è peggio, verso qualunque dove. Se guardi verso nord, là dove tuona la voce rutilante del Dio Marco, vedrai sventrate le tombe degli ebrei; e vedrai vietnamiti bruciare, e turchi e africani avvolti nel bagliore dei fuochi appiccati ai loro tuguri; e vedrai zingari andare, e non certo perché figli del vento liberi erranti come il padre loro, ma piuttosto perché coattivamente cacciati verso là, verso le cupe terre di Dracula. E se guardi a levante potrai vedere i lager, e pure i funerali bombardati, e sentirai che il dio che li ispira e protegge si chiama con il nome ributtante di Pulizia Etnica - e pane non ne hanno, e men che mai companatico, ma armi ne hanno tutti, eccome se ne hanno. E anche verso sud, a guardare si vede solamente la morte, nata dal cibo che manca e dalle troppe armi, e nutrita dal cibo che continua a mancare anche quando ci sia, e dalle armi usate soprattutto a impedire che il cibo possa non più mancare. E in quel radioso ovest che un tempo illuminò la ragione o in quello che al bene supremo ha eretto persino La statua, se guardi puoi vedere sventrate le tombe degli ebrei, e per esempio un Uomo che, per sentirsi apprezzato ed amato, sostenuto e voluto come guida, rassicura i suoi sudditi con promessa solenne di far guerra davvero a qualunque diverso: si trovi esso vicino, lì nella stessa strada o stessa casa, oppure ben lontano, per esempio laggiù, laggiù dove c'è il Golfo e la città incantata di Bagdad - città che io, come molti, fino a qualche tempo fa sapevo essere nient' altro che dimora del Califfo Harun-al-Rashid, delle Mille e una notte, insomma epicentro del sisma delle storie. (Vinicio Ongini, maestro elementare a Roma, scrive: "Per i bambini di oggi la parola 'Bagdad' significa guerra, bombe, Saddam Hussein, missili ecc. Per i bambini di ieri e per me, 'Bagdad' era - appunto, 'era' - il califfo, i tappeti volanti, le Mille e una notte, le carovane di cammelli, le odalische, i turbanti... Questa parola non tornerà più come prima. È una ferita irreparabile. Un missile è caduto sulle fiabe. Un luogo della fantasia è stato raso al suolo").

E qui da noi, nell'opulenta palude di Padania, dove anche Ongini è nato? Oh, anche qui ci si difende bene. Se guardi, vedrai sventrate le tombe degli ebrei, nonché insistentemente violentate le loro vite e le loro memorie; vedrai teste rasate in esibita violenza antisemita e razzista; e vedrai teste magari non rasate ma con dentro i medesimi succhi; e se apri un giornale e trovi scritto "Mantua" non è il caso di illudersi: non è Virgilio, infatti, bensì uno degli ululati di esultanza per una vittoria elettorale di qualche "Lega" di Lombardia e dintorni.

Sì. Nebbie, dunque, fitte da potersi tagliare col coltello, e contro le quali è solo necessario attrezzarsi. Un utile strumento per affrontarle l 'ha approntato proprio Vinicio Ongini,che ha pubblicato presso l'Editrice Bibliografica, nella collana "Quaderni di Sfoglialibro", un agile libretto intitolato La biblioteca mutietnica. Il libro (che si caratterizza anche per la copertina, di un colore giallo inequivocabilmente antinebbia) è diviso in brevi capitoli che formano un ampio repertorio di indicazioni di lettura delle diverse culture e sulle tematiche ad esse connesse; percorsi di lettura articolati in sezioni "per i bambini", "per i ragazzi", "per gli adulti", "per saperne di più", con l'obiettivo di cercare di capire come la lettura, i libri, le storie possano "aiutare i bambini stranieri a non perdere le loro radici e i bambini italiani a 'scoprire' la differenza" dalle altre culture e la loro ricchezza. Il pregio del libro non consiste però soltanto nel fornire un buon catalogo di autori e di narrazioni delle culture popolari dell'America Latina, dell' Asia, dell'Africa, degli zingari, dell'Est europeo, e così via. Il pregio maggiore del libro consiste piuttosto nella proposta di ripensare in un' ottica diversa anche libri già conosciuti, come Cuore o Robinson Crusoe o quelli di Verne e Salgari, avendo ben presente il rischio di "considerare l'etnicità, le culture 'altre' come attributi esclusivi dei neri o degli arabi o degli asiatici. Come se la cultura bianca, occidentale, insomma la nostra, fosse la pietra di paragone, mai posta sotto esame", il che porterebbe soltanto a porre in atto "l'educazione multiculturale come un'altra forma della missione civilizzatrice". E io aggiungerei, a ulteriore precauzione rispetto a questi rischi, l'accorato appello, a chi voglia darsi da fare in una "prospettiva multietnica", di farlo soltanto dopo avere letto e riletto lo splendido Il paese dei ciechi - contenuto nei Racconti di Herbert George Wells, nella collana "Grandi libri" di Garzanti, un racconto straordinario, uno strumento fondamentale per capire davvero quanto relativo sia il concetto di "diverso".

Ongini è anche l'autore (insieme a Francesca Lazzarato) dei primi due libretti della collana "Fiabe junior" della Mondadori: L'erede dello sceicco, storie del Maghreb, e L'uomo che amava i draghi, storie cinesi. Anche questi due libretti, articolati in una prima parte di fiabe, favole e leggende e in una seconda di informazioni minime sulle aree geografiche cui appartengono le storie, sono strumenti utili; strumenti che, in questo caso, sono interamente fruibili anche da parte dei bambini piuttosto piccoli; i quali, forse, sono davvero i soli adeguati a fronteggiare e contrastare le nebbie: sanno infatti godere delle storie senza chiedersi da dove vengano e cosa mai significhino, sanno insomma volare più in alto anche del più alto e del più radicato pregiudizio.