Una vita da raccontare ad alta voce

da Andersen novembre 2004

di Matteo Corradini

                                                                                                           

      Le cronache lo ricorderebbero così: Giuseppe Pontremoli, nato a Parma nel 1955, fu maestro elementare a Milano, si occupò di lettura e letteratura per l'infanzia, scrisse articoli per varie riviste, saggi, poesie e romanzi, fu lettore a voce alta.

Ma l'identikit di una persona comprende linee esterne e spessore, e per ritrovare il contenuto occorre pescare in quel che si è scritto, detto, fatto, e nel ricordo di chi ha passato parte della propria vita e della propria esperienza con lui, dei suoi amici d'elezione o amici per intenti. Di quelli che si commuovono al telefono, perché tutti conoscono un Pontremoli eccezionale, ma la diversità delle relazioni ci mostra anche un Pontremoli diverso e coerente, sfaccettato e unitario, fragile e potente.

Tra cometa e stella cadente c'è una bella differenza. La prima è luminosa e pare divertirsi a trascorrere il suo tempo attraverso il nostro cielo, sopra i nostri nasi alzati. La seconda dirompe e scompare, giusto l'istante di un desiderio veloce, il primo che ti viene in mente. Ma quanti desideri porta la cometa: nella sua lentezza potente, permette di riflettere, di non sprecare, di non aver fretta nel decidere cosa conta, cosa desideriamo per davvero. In questo Giuseppe Pontremoli mi pare più una cometa che una stella cadente. Pure nella velocità e prorompenza delle sue azioni, pur nella brevità del tempo che la vita purtroppo concede ad alcuni.

Dice Vivian Lamarque: "Mi è cara una fotografia scattata alla Fiera di Bologna di qualche anno fa da Gigliola Chisté: Giuseppe Pontremoli, schiena al muro, sta, un po' pallido, tra me e Bianca Pitzorno. Siamo tutti e tre carichi di borse zeppe di carte, come sempre a Bologna, e ci appoggiamo al muro sorridentemente stanchi. Pontremoli in questa foto assomiglia molto a Pontremoli, per questo l'ho fatta pubblicare, ma solo con la sua figura senza le nostre, sopra "L'elogio di scrittore" che scrissi per la sua morte". E prosegue: "Ha una gamba piegata e sembra sospeso nella pagina, con un piede solo, leggero come un bambino che giochi o come qualcuno che stia per spiccare il volo per l'aldilà''.

"Viveva in maniera intensissima, tra insegnamento e lettura, lavorava gratis per la rivista "Ecole", riusciva a leggere una mole impressionante di libri. Era un cantastorie dalla straordinaria capacità di creare e di ritrovare frammenti qua e là" . E' Alberto Melis a parlare, maestro, scrittore e amico di Pontremoli: sul suo sito (www.albertomelis.it) possiamo trovare molto materiale e pure l'audio dell'ultima sua intervista.

Era un uomo estremamente vizioso. Il vizio della lettura lo aveva trafitto, travolto e portato a leggere tutto quanto trovava. Non si fidava dei classici, pur amandoli tanto, non si fidava della bellezza ufficiale delle antologie (proverbiali i suoi sospetti su Rodari). Si fidava, e insegnava a fidarsi, solo di se stesso: con fatica seguitava a costruirsi un proprio ordine, una propria categoria per comprendere e filtrare ogni libro, per smontare i miti ed eventualmente esaltarne altri. Guidato sempre da un unico principio: il piacere.

Quante volte lo abbiamo già detto, a parole, che leggere è un piacere? Ma Pontremoli era diventato egli stesso una parola che ci ricordava ogni volta quanto l'amore per le storie ci tenga vivi e non solo vegeti. E lo aveva dimostrato in tutto nella sua opera "Elogio delle azioni spregevoli", che l'Ancora del Mediterrano ha di recente ripubblicato. E' un libro tenace, dove Pontremoli racconta la propria esperienza di maestro, trapassa decine e decine di volumi per spiegarci il perché di un amore, il percome di una relazione intensissima con la carta stampata e con i suoi ragazzi di scuola.

"Quello dell'insegnante -scriveva nel libro- è un mestiere che offre molti spazi per le "rivelazioni" e questo non ha nulla a che fare con la "missione" ma molto con il fatto che sono in ballo persone, persone vive, che hanno voglia di esistere e lo dicono forte tutti i giorni".

De Matteis, della casa editrice, ricorda la nascita del volume: "Il libro che Pontremoli aveva in mente era un'opera molto vasta, che comprendeva tante cose diverse, tra le quali piccole biografie degli autori, medaglioni sugli scrittori da lui amati, poi esclusi dalla versione finale. Un giorno potranno diventare un libro a parte".

"E' un libro eccezionale, molto migliore di qualsiasi Come un romanzo" di Pennac. A parlare è Gabriella Armando, le sue Nuove Edizioni Romane pubblicarono nel 1991 Rabbia birabbia: "E'un titolo di cui non m'annoio mai - dice- e lo amai da subito. Ogni volta che lo rileggo mi ci ritrovo. Mentre "Ballata per tutto l'anno" era una raccolta destinata a un calendario, con un finale sulla Rivoluzione Francese. Restai sempre legata a Pontremoli da un filo impalpabile. Avevo scelto il suo testo senza conoscere l'autore, ed ora che lo conoscevo mi portarono la notizia della sua scomparsa. Trovai la sua assenza insopportabile. Ricordo che il libro me lo propose lo scrittore Angelo Petrosino. Ora che Pontremoli non c'è più, c'è il suo libro a ricordar1o, un inno alla vita, la risposta alla parola fine".

Raggiungiamo Petrosino: "Sì, fui io a presentare Rabbia birabbia a Gabriella Armando. Pontremoli era un collega, era un maestro. Di lui ricordo la grande attenzione a tutto ciò che si muoveva, a ogni cosa che capitava. Le sue letture amate erano i classici, che prediligeva e proponeva togliendo loro la patina di vecchio. Ma soprattutto voleva ad ogni costo rispettare i bambini, non prenderli in giro. Non li voleva tradire".

Aggiunge di nuovo Melis: "Aveva un terzo occhio. Il suo è stato uno sguardo illuminato sulll'infanzia".

L'impressione è che Pontremoli sia vissuto e abbia lavorato nella continua convinzione che le storie sono quello che ci costituisce, l'essenza della vita stessa. La sua è stata una resistenza alla banalità, all'allineamento, all'ovvio delle convenzioni. Una resistenza creativa e appassionata, ma pur sempre resistenza faticosa di cui Pontremoli portava tutte le ferite e i segni. Con la responsabilità ci si prende anche i dolori. Amava Pinocchio e L'isola del tesoro, Twain, Kipling, Kafka...

Petrosino: "Lo ricordo quando nacque Giacomo, suo figlio. Ricordo la sua dolce serenità. Sembrava che non avesse il tempo sufficiente per tutto". Melis: "Era capace di grandissimi furori e di una grande gentilezza. Amava definirsi "puro e primordiale", due parole di Elsa Morante. Primordiale proprio come sono i bambini.

Il 2 marzo di quest'anno Giuseppe Pontremoli rilasciò un'intervista a Fahrenheit di Radio Rai 3. Quando sembra che le domande siano finite, e il conduttore sta già per salutare, Pontremoli lo interrompe e chiede lo spazio per un'ultima storia, iniziando a raccontare "Il processo" di Kafka, là dove si parla di un sacerdote che racconta di un uomo che passa tutta la vita davanti ad una porta perché l'accesso è precluso da un guardiano. Sentendo arrivare la morte, l'uomo chiede al guardiano come mai non si era mai presentato nessun altro a voler varcare quella soglia. E il guardiano gli risponde: "Perché nessun altro poteva ottenere il permesso. Questa entrata era riservata solo a te". Era la sua ultima intervista.

Giuseppe Pontremoli ha sofferto con coscienza e dignità. E poco più di un mese dopo, il 9 aprile, si è spento, davanti alla sua porta immaginata piena di storie da raccontare per tenersi vivi sempre, vicino a sua moglie Lia, che condivideva la sua passione, la sua esistenza. Pontremoli è rimasto davvero tutta la vita davanti alla porta dei libri, poiché quella entrata era riservata a lui. Ma se crediamo che dopo questa vita proseguiremo a fare quel che di buono abbiamo fatto, possiamo solo immaginare le storie che Pontremoli sta raccontando ad angioletti e diavoletti. Con più predilezione per i secondi, natura1mente.