Le storie come progetto pedagogico Teresa Porcella su La vita scolastica luglio 2005 |
Le storie come progetto pedagogico*
Il 2004 è stato un anno di furti per tutti coloro che, come i
bambini, hanno dentro il cuore il germe della libertà. È stato un
anno che, in pochi mesi, si è appropriato, privandocene, oltre che
del “mago” Pinin Carpi, anche del maestro Giuseppe Pontremoli, un
altro grande adulto che, del rispetto per i “puri e i primordiali”
(e per il loro diritto a essere e a crescere liberi) aveva fatto la
propria ragione di vita, ancor prima che il manifesto della sua opera
di scrittore.
Nato a Parma il 24 novembre del 1955, Giuseppe Pontremoli era un
maestro, un maestro vero, fin da quando, a vent’anni, aveva iniziato
la professione.
Chissà, forse perché era nato lo stesso giorno e lo stesso mese di
Carlo Lorenzini (anche se centoventinove anni dopo…), Pontremoli,
condivideva con Collodi la stessa serietà e la stessa ironia circa la
vera natura della pedagogia e dell’insegnamento. Proprio di Collodi
(ritenuto da lui l'autore di uno dei più grandi "romanzi di
formazione") amava citare spesso la seguente frase «I pedagoghi e i maestri di scuola, queste macchie nere e malinconiche
che rattristano l'orizzonte sereno della prima fanciullezza...» (Macchiette,
1879). Vi era, comune, l'amore e il rispetto dell’infanzia,
intesa non come condizione di minorità dell’adulto bensì come
tempo non eludibile della vita dell’uomo. Entrambi, Collodi e
Pontremoli, sapevano che essere maestri, significa, non insegnare ‘cose’,
ma aiutare chi impara, ad imparare…
Questa stessa funzione magistrale Pontremoli, prima ancora che a se
stesso, l’ha attribuita costantemente alle storie, capaci di ridare
all’uomo, sperso nel mare dell’esistenza, una mappa di riferimento
per orientarsi. Orientarsi, cioè andare liberamente dove si sceglie
di andare, non essere guidati e obbligati a imboccare una strada…
Questo è il valore profondo dell’educazione e delle storie:
come diceva Hannah Arendt, “rivelare significati senza commettere
l’errore di definirli”, lasciandoci sempre aperta la possibilità,
nel rileggere o anche solo nel ripensare, di ricontrattare i
significati già trovati, per ridefinirli e riconfigurarli finché ne
saremo capaci.
Quello della narrazione è dunque, per Pontremoli, un sapere profondo,
impegnativo e complesso. Raccontare, raccontarsi è qualcosa di più
di un fatto informativo: è, anzitutto, un fatto esistenziale “È
necessario che dietro il raccontare, prima del raccontare, ci sia
qualcosa di enorme, come il senso della propria esistenza. Si può
chiamare amore, dolore, Dio - ognuno ha la propria storia - È
essenziale che la rivelazione sia mantenuta viva; con passione, con
disponibilità a stupirsi e a rinnovare lo stupore”.
Con questa stessa disposizione Pontremoli il raccontastorie ha
affrontato anche il ruolo di scrittore per ragazzi. A partire dal suo
primo libro, Rabbia birabbia, bellissima raccolta di poesie e
filastrocche, pubblicata dalle Nuove Edizioni Romane, nel 1991, col
mirabile contrappunto illustrativo di Franco Matticchio (e oggi
parzialmente riproposta dallo stesso editore nell’ultima toccante
raccolta di poesie dell’autore Ballata
per tutto l’anno illustrata con forza onirica da Octavia
Monaco). In Rabbia birabbia
, all’abilità di saper giocare con la lingua, con proprietà
ineccepibile, Pontremoli aggiunge la verve
ironica, la marachella letteraria di chi, volutamente, smonta i luoghi
comuni delle fiabe e delle favole sino a dar luogo ai dei
divertentissimi nonsense che, per loro natura, sono figli della libertà,
in quanto “più apparentati al dissenso che al consenso”.
E passione e stupore non mancano anche ne II mistero della collina,
pubblicato da Giunti, nel 1994, primo e ultimo romanzo per ragazzi
dello scrittore. Qui la ricerca di una persona scomparsa ad opera del
suo migliore amico dà luogo a una sequenza di avvenimenti
imprevedibili sia sul piano dell’intreccio che delle soluzioni
linguistiche e narrative.
La capacità di rinnovare stupori, Pontremoli l’ha coltivata anche
nel 1995, quando, con amore e spirito di servizio, ha curato,
eccellentemente, la nuova edizione dell'unico libro per l'infanzia di
Elsa Morante, Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina e
altre storie, che
l’editore Einaudi Ragazzi ha mandato in stampa coi
disegni della stessa autrice.
Insieme al senso e al valore della lettura e del racconto, la
letteratura dedicata ai ragazzi e la definizione di una nuova
pedagogia sono state le altre due piste principali che Pontremoli ha
perseguito sia come esploratore di testi altrui, sia come scrittore
per le riviste di settore. Tutta la sua produzione su "Linea
d'ombra", nonché la rubrica "Leggere negli anni
verdi", (tenuta a lungo prima su “Rossoscuola” e poi su
"école") lo dimostrano con chiarezza.
Per chi volesse ripercorrere l’intero arco delle riflessioni di
Pontremoli c’è oggi a disposizione uno dei più bei libri sulla
lettura e sull’infanzia che siano stati scritti negli ultimi anni:
l’Elogio delle azioni spregevoli,
pubblicato nel 2004 dalla piccola casa editrice napoletana
L'ancora del mediterraneo. Il libro, oltre a riprendere e condensare
(con una felicità di scrittura che lascia il lettore in stato di
avidità permanente) questioni
relative alla lettura, al racconto orale, è anche
un’”autobiografia etica” dello scrittore, costruita
guardando più che ai fatti ai valori in cui Pontremoli ha
creduto e che, i fatti, hanno guidato. con passione e ricerca di verità.
È un libro dove l’uomo Pontremoli si racconta tutto intero,
fino alle soglie della morte, che sapeva imminente.
È un libro denso di storia e storie, di racconti e percorsi
bibliografici regalati al lettore senza la fredda completezza del
catalogatore, ma con il calore vero di tutte le vere passioni.
Per la complessità che lo contraddistingue è un libro indefinibile,
come lo stesso Pontremoli suggerisce nella breve introduzione alle
note al testo:
Come tutte le creature, anche questo libro ha probabilmente una
propria natura, ma quale essa sia a me non è dato sapere. Assalito da
furore definitorio, mi viene da azzardare che esso possa essere, o
sia, un viaggio per le acque e i cieli e le terre del Bosco delle
storie, cioè di mille e mille isole di tesori. Mi piacerebbe molto
allora che ci fosse una mappa, magari abbellita da velieri e sirene e
balene con lo zampillo: a me però è precluso il dono sublime di
tracciare i segni dei sogni, e così nelle pagine seguenti non posso
che limitarmi a nominare i sentieri, le paludi e le oasi che hanno
costellato il cammina cammina.
Il libro è dunque un resoconto di questo "cammino", dove le
pietre miliari sono date dalle parole passione, libertà e verità. E
dove allegria e vivacità si affiancano alla parola pedagogia per
indicarci sempre che leggere e raccontare storie è, anzitutto, una
lezione di vita, è "gratuito darsi e dirsi, appassionato
spendersi, giocarsi" è aiutare i bambini a vivere, a crescere, e dunque a cambiare.
Questo è il senso profondo della lezione pedagogica che emerge dalla
frequentazione dei libri di Pontremoli: la necessità di creare,
attraverso la lettura, un sistema di valori. Sta in questa capacità
di inquadrare
l'educazione alla lettura, dentro il modello di relazione educativa proposto da Pasolini e Don
Milani, la grande novità di questo suo ultimo libro.. Un modello
consapevole che, nella relazione educativa, ci si mette in gioco
"tutti intieri", perché nel rapporto educativo entra,
intera, la vita vera coi
suoi interrogativi, le sue passioni, le sua stanchezze.
"A me sembra che - misteri della pedagogia - avendo a che fare
ogni giorno con i bambini si impari più che mai che i conti veri e
profondi, vanno fatti, innanzi tutto e dopotutto, con la paura e con
la gioia. E così il mio cuore pedagogico è il continuo pulsare di
una frase di Henrich Heine, 'Da ragazzo tanto lessi che non ebbi più
paura di nulla", e una di Elias Canetti, 'Senza libri tutte le
gioie marciscono'. Inoltre sono venuto a sapere da Heinrich Boll che
'leggere fa pensare, può farti libero e ribelle', e anche solo questo
a me potrebbe bastare". E anche a noi, oggi, basti per riaccompagnarci, con Pontremoli, nei sentieri dei boschi narrativi. Teresa
Porcella
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