Delle azioni spregevoli, ancora

rubrica Leggere gli anni verdi

école maggio 1994

                                                                                                           

     Per quanto si impegni, questa puntata della rubrica non riesce a sentirsi serena, al punto di arrivare a dubitare della natura stessa della propria esistenza. E infatti, qui, sul suo sorgere, non posso non notare che si attarda a scrutarsi: si guarda e si guarda, spaesata, e più si guarda più si sente gravata da fastidiosi dubbi relativi alla propria stessa identità. E però questa puntata della rubrica non solo si guarda: guarda invece anche me, e lo fa con espressione severa.

   Mi guarda fisso negli occhi e dice: «Ma come? Il mese scorso mi hai bellamente ignorata, collocando in altre pagine della rivista il tuo pezzo - e si trattava di un pezzo riguardante forse più di qualunque altro il «leggere negli anni verdi» - e adesso pretendi che intervenga io a porre rimedio alle rogne che ti sei procurato altrove? E tutto perché qualcuno ha avuto da ridire su quello che hai scritto... Ma io chi sono? Mi sento l'appendice di un fantasma.»

   Io guardo la rubrica con tenerezza. La guardo con un mezzo sorriso e mi dico che è cresciuta bene, se è in grado di rompere in questo modo la sua ormai pluriennale sudditanza ai miei bisogni e ai miei mutevoli umori. E la guardo piuttosto compiaciuto, pensando che, soprattutto in questi orribili tempi in cui a farla da padroni sono ancora una volta i padroni e per di più senza il minimo filo di pudore, è di non poco conforto vedere una ribellione.

  E' vero, forse c'è del paternalismo, in questo mio compiaciento; ma c'è anche la consapevolezza che il luogo migliore per difendermi e sentirmi bene davvero è dentro la rubrica, ed il merito è suo. E così dirò qui che qualche lettore ha mugugnato un po', dopo avere letto sul numero scorso il racconto delle letture fatte negli scorsi cinque anni a scuola con i miei alunni. Soprattutto qualcuno ha mugugnato sull'elenco degli ottantatre libri. La protesta riguarda il fatto che ho scritto quell'elenco partendo da Andersen e arrivando a Zavattini, cioè mettendo semplicente in ordine alfabetico gli autori, e non invece partendo libri letti in prima classe per concludere con quelli letti in quinta.

   E' vero, quell'elenco, così com'è, non è certo immediatamente utilizzabile. E però secondo me è giusto sia così, perché un ordinamento come quello richiesto avrebbe prima di tutto la funzione, l'effetto di assecondare le pigrizie. Inoltre, per fortuna, siamo tutti diversi, e in quanto tali abbiamo tutti peculiari ragioni per fare di volta in volta proprio così o in quell'altromodo, ed in quell' altro e poi quell' altro ancora. E poi ci sono i libri, ecerti con alcuni recalcitrano, con altri invece scalpitano. Anch'io non leggo sempre nella stessa classe un certo libro, e se è per me ovvio, ad esempio, che sia assurdo leggere nei primi anni quel capolavoro assoluto che è Il piccolo principe di Saint -Exupéry, è altrettanto ovvio che qualcuno potrebbe invece ritenere sensato il farlo; ma soprattutto mi sembra opportuno che ognuno costruisca in prima persona il proprio percorso.

   C'è stata poi anche una osservazione un po' perfida: avrei barato sul numero, avendo io elencato separatamente Il pinguino senza frac e Tobby in prigione di Silvio D'Arzo, che invece si trovano in un unico volume. Aggiungerò che non solo questo è vero, ma anche che la stessa operazione ho fatto con George MacDonald, i cui due racconti compaiono in un unico volume, edito anch'esso da Einaudi. No, non c'è alcun imbroglio. Il fatto è che ognuno di questi racconti venne letto in anni diversi, ma soprattutto che ognuno di essi ha uno spessore tale da esigere una considerazione specifica - e infatti i bambini, pur ben sapendo di quanti volumi si trattasse, hanno sempre considerato ognuno di quei racconti molto a sé stante, attribuendo tra l'altro al Tobby di D' Arzo e a Il bambino giorno e la bambina notte di MacDonald collocazioni di particolare prestigio nelle loro predilezioni.

   Quel che più mi preme chiarire è però un altro problema. Qualcuno ha capito che io considererei quell'elenco un po' come il catalogo di base, la lista dei libri fondamentali. Non è così. Certo, parecchi di quei libri entrerebbero sicuramente in un elenco che avesse lo scopo di raggruppare quelle che a mio parere sono le storie imprescindibili, ma certo non vi entrerebbero tutti, e altri titoli sarebbero necessari. Quel che ho fatto nel numero scorso è una cosa molto semplice: ho raccontato un'esperienza, e questa ovviamente si è sviluppata in un contesto particolare di cui ho dovuto tenere conto. Certo, le linee di fondo sarebbero state le stesse anche con altri bambini, come erano state le stesse negli anni precedenti, ma diversi sarebbero stati i passaggi, le soste, le deviazioni, e questo non è affatto secondario.

   Grazie, rubrica mia, per avermi permesso di chiarire un po' di quegli equivoci. Grazie davvero. E come segno tangibile di gratitudine ti affiderò un compito importante: il compito di dire a piena voce - altro che appendice di un fantasma ­ nome e cognome di due libri che negli anni scorsi non sono stati letti perché non esistevano nemmeno, e che ora invece esistono e sono, davvero senza dubbi, da considerare fondamentali, a prescindere da ogni contesto: La donna di ferro, di Ted Hughes (Mondadori) e Memorie di una mucca, di Bemardo Atxaga (Piemme). E dirò infine un' altra cosa: anche negli anni a venire, a prescindere da ogni contesto, rileggerò Il piccolo principe di Saint-Exupéry, ma d'ora in poi lo leggerò nella nuova collana «I Delfini» di Bompiani; e questo per la semplice ragione che potrò ogni volta rileggermi anche l'introduzione del curatore e direttore della collana, il bravissimo Antonio Faeti - il quale ha scritto anche l'introduzione a un altro libro molto bello e importante, La storia del dottor Dolittle di Hugh Lofting, appena uscito ne «Gl 'istrici classici» della Salani insieme a I viaggi del dottor Dolittle.