Di notte, ben nascosti, a lume di candela

rubrica Leggere negli anni verdi

école dicembre 2000

                                                                                                           

Ormai da molto tempo è sceso il buio, ebbene sì. Ormai da molto tempo è sceso il buio. Prima che qualcuno, sconvolto dalla profondità e dalla varietà delle mie parole, prenda iniziative inopportune o mi rivolga pensieri poco rispettosi, aggiungerò un'informazione importante: per quanto piova, non uso mai l'ombrello. Tutto nasce dal fatto che io agisco attenendomi scrupolosamente alla docenza delle vignette di Altan, e chi le conosce sa bene quale dolorosa insidia costituiscano gli ombrelli. Naturalmente, da questo deriva anche l'impossibilità di servirmi del cosiddetto gesto dell'ombrello, quello della mano sinistra che colpisce l'avambraccio destro il cui pugno si stringe impennando nell'aria.

E così l'altro giorno, quando sulla prima pagina di "Repubblica" un padre si è esibito in quel gesto per dare più forza alle sue sante parole, ho potuto appropriarmi soltanto di esse, rifuggendo sdegnato quel gesto volgare. D'altra parte, come sempre, le parole erano quanto mai pregnanti. Diceva il bambino: "La destra vuol censurare i libri!". E il padre: "E noi li freghiamo: li leggiamo di notte, ben nascosti, al lume di candela". Ho aspettato che si facesse buio, buio profondo. Quando mi sono trovato nella condizione di poter pronunciare quella ormai famosa frase iniziale ho spento tutto, ho acceso una candela, e mi sono accinto a leggere. Però a quel punto, vuoi per la lunga attesa vuoi per l'impegnativo cimento, avevo piuttosto sonno. E sì ho deciso di limitarmi a sbocconcellare il Quaderno di traduzioni di Beppe Fenoglio, appena pubblicato da Einaudi per le cure di Mark Pietralunga. Sì, giusto un'occhiata, qualche verso, qualche poesia.

Altro che occhiata: sono passate due ore, e l'ho letto tutto, leggendo e rileggendo, ancora e ancora. Alla fine, molto soddisfatto Hopkins, John Donne, Eliot, Browning, Edgar lee Masters, Coleridge tradotti da Fenoglio! - mi sono disposto in piena beatitudine a ruminare versi a fior di labbra e ho ribadito quella famosa frase. Ancor più soddisfatto, anche perché ero proprio nel pieno del fregarli, sono tornato fugacemente alla pagina 233, là dove attacca la quinta parte della Ballata del vecchio marinaio di Coleridge: "Oh il sonno! la dolcissima cosa / Prediletta dall'uno all'altro polo". Ma qui ho dolorosamente avuto la prova della distanza dell'arte dalla vita: del sonno non c'era più la benché minima traccia.

Ho deciso allora di fregarli ancora un po', e ho preso in mano un librino, Un Natale, di Dylan Thomas, pubblicato da Salani nella traduzione di Leopoldo Carra e illustrato con la consueta magia poetica da Fabian Negrin. L'ho letto in un fiato, per la brevità, trattenendo il respiro per gli incantamenti del testo, camminando camminando sul ponte che Fabian Negrin ha costruito legando questo bianco e nero alle tavole a colori dello splendido Una notte di Hanukkah di Isaac Bashevis Singer. Arrivato alla fine, "Dalla finestra della mia camera guardavo il chiaro di luna, la neve senza fine e color di fumo. Vedevo le luci alle finestre delle altre case, sulla nostra collina, e sentivo la musica salire verso la notte lunga e calma. Spegnevo la lampada e mi infilavo sotto le coperte. Dicevo qualche parola all'oscurità vicina e santa, poi mi addormentavo".

E invece no, io non mi addormentavo. E come potevo, come posso, proprio adesso, dormire? E questo non già perché io continui a preferire il "buio intimo e santo" della traduzione di Giulia Niccolai che le edizioni Emme pubblicarono nel 1981 con il titolo Il mio Natale nel Galles, né per alcuna altra inquietudine. No, se non riesco a dormire è perché questa lettura ne evoca altre, altre ne richiama, quasi imponendole. E così vado a rileggermi subito il densissimo Molto presto di mattina (Einaudi), che contiene anche la stessa storia, con il titolo di Ricordi di Natale, e poi alle quaranta pagine dell'esile densissimo librino edito da Salani affianco anche il densissimo volumone di Poesie e prose della Nuova Universale Einaudi: una miniera, anche, per il leggere dentro gli anni verdi. (Ma perché nel preziosissimo tascabile Einaudi Ritratto dell'artista da cucciolo e altri racconti non compare quel potente racconto che è Il bambino bruciato?).

Il piacere è veramente grande, enormemente ingrandito dal pensiero che mi trovo nel fondo profondo della notte, ben nascosto, al lume di candela, e li sto fregando moltissimo. Ma non finisce qui. Quando riuscirò a smettere di leggere Dylan Thomas, attingerò alla pila di libri dietro la quale mi sono accucciato (libri da leggere negli anni verdi e/o per leggere negli anni verdi): Tomi Ungerer, Le avventure dei Mellops, Mondadori; Silvina Ocampo, Il cavallo alato, Mondadori; Angela Carter, Gatto Marino e re Drago, Mondadori; Uri Orlev, L'aggiustasogni, Feltrinelli; Pinin Carpi, La regina delle fate, Einaudi Ragazzi; Aleksandra Sucur (a cura di), Fiabe dei Balcani, illustrazioni di Lorenzo Mattotti, E.Elle; Bernardo Atxaga, Un cane davvero speciale, Feltrinelli; Chaim Potok, In principio, Garzanti. E poi la nuova edizione, con un'ottima presentazione di Francesca Lazzarato e le splendide tavole a colori dello stesso Buzzati, de La famosa invasione degli orsi in Sicilia (Mondadori, collana "Contemporanea").

Adesso però intravedo un chiarore, là fuori. Forse è finita la notte o forse li ho fregati tanto che mi hanno scoperto e stanno venendo a prendermi. Ma non importa: è stata una veglia all'alba dentro un grande piacere, perciò sento una grande forza. Anzi, a lume di candela o in pieno sole, continuerò a fregarli, e proprio con La veglia all'alba di James Agee (Edizioni SE). Ma ne parlerò la prossima volta, perché questa è un'altra storia. Un'altra splendida storia.