Cecature e bagliori Rubrica
Leggere negli anni verdi école |
Al
mio paese, quando ero bambino, Babbo Natale non portava regali. O
meglio, non esisteva. Mica
eravamo pagani, noi. Natale era una festa religiosa. Nasceva il
Santo Bambinello, il Bambino Divino, il Salvatore - altro che
renne. E si doveva esser buoni, naturalmente, ma non già per
calcoli meschinamente utilitaristici, bensì per il fatto che
nasceva Gesù. Il quale, figlio di Dio disceso sulla Terra per
salvarci dal peccato e liberarci dalla peste dalla fame e dalla
guerra, da ogni male, non poteva certo dedicarsi a frivolezze come
una palla o una bambola. Ci
portava la Verità e la Vita, altroché. Certo, si ricevevano
regali, a Natale, però regali utili, come il cappotto, le scarpe,
un maglione. Annovero
quelle attese e quei risvegli tra le gioie più intense, e così
è stato inevitabile che Santa Lucia mi abbia seguito anche in
questa orrenda città in cui nessuno la conosce, ed è inevitabile
che ogni anno porti doni a mio figlio. Ebbene,
nonostante la mia reiterata devozione, credo che Santa Lucia mi
abbia fatto uno scherzo, accecandomi. È stata sicuramente lei,
infatti, a impedirmi di vedere, in un libro da me adoratamente
letto e riletto, una pur ampia nota; il che mi ha portato, qualche
tempo fa, su queste stesse pagine, a scrivere l'imperdonabile
affermazione che in Lo cunto de li cunti di Giambattista
Basile non venga nominato il gioco del "Nascondino". Eppure
questo libro l'ho letto e riletto mille volte, sia nella
traduzione di Benedetto Croce pubblicata da Laterza sia in quella
di Michele Rak uscita da Garzanti nel 1986 e ora ripubblicata da
quest'ultimo nei "Grandi Libri". L'ho letto e lo leggo e
lo raccomando con particolare passione in tutti gli incontri che
tengo presso scuole e biblioteche, a ragazzi e adulti, facendo
anche sempre molto l'indignato per la scarsa conoscenza che se ne
ha, ma solo adesso, a un'ennesima rilettura, mi sono accorto di
una nota nell'Apertura della Seconda Giornata. Volendo essere
pignolo, potrei dire che effettivamente "nascondino" non
viene nominato, giacché Basile
parla di "Covalera" (e Croce non lo traduce, ma Rak sì),
però mi Ritornare
a quel pezzo è però un fatto di indubbia utilità, giacché mi
permette di dire che gli scritti di Carmine De Luca sui giochi cui
facevo riferimento in quel mio articolo sono ora stati raccolti in
un elegante volumetto delle edizioni Il senatore di Corigliano
Calabro. Purtroppo il libro, arricchito dalle illustrazioni di
Cosimo Budetta e contenente anche un capitolo dedicato a un davvero
magico gioco di carte che a me aveva insegnato mio padre, è fuori
commercio ed è Presso
le stesse edizioni è però uscito un altro libro prezioso di
scritti del caro, non dimenticabile Carmine (questo in edizione
venale, ma forse difficilmente reperibile in libreria): Adesso
vi conto una storia... Raccolta di note critiche sulle fiabe
italiane e internazionali, curato da Giovanni Pistoia,
contenente scritti di Tullio De Mauro, Ermanno Detti e Vichi De
Marchi. Si tratta della raccolta in volume delle note che
accompagnavano i quattordici volumetti di fiabe che nel 1996,
curati da De Luca, uscirono allegati a "l'Unità":
Andersen, Grimm, Perrault, Afanasjev, Capuana, Gozzano, Basile,
Emma Perodi, le fiabe irlandesi di Yeats, le norvegesi di
Asbjorsen e Moe, le africane di Paul Radin, le inglesi di
Katharine Briggs, le campane di Roberto De Simone, le francesi di
Madame d'Aulnoy e Madame Le Prince de Beaumont. Note, queste di De
Luca, dawvvro preziose e illuminanti. A
Carmine piaceva particolarmente la storia di Pat Diver, raccontata
da Yeats: la storia di uno che, non avendo nulla da raccontare e
considerando le fiabe "frottole da vecchi per far piacere ai
bambini", si trova a passarsela davvero male, A
noi, che siamo qui, per passarcela un po' meno male, non rimane
che raccontare e raccontare, camminando camminando, tra cecature e
bagliori. . |